di Angelo Cirasa*
Bravi gli studenti universitari che a Napoli hanno piegato alle loro ragioni il rettore e il Senato accademico. Il loro impegno per la Palestina è riuscito, attraverso una notevole capacità comunicativa, a raggiungere i propri scopi senza mai dichiarare vicinanza alle vittime israeliane né condanna degli orrori di Hamas che tiene in ostaggio un popolo. Si celebra così ancora una volta la sconfitta della ragione come lo stesso presidente Mattarella ha chiarito quando ha espresso la propria ferma posizione sulla necessità di confronto fra università. E fra poco si insedierà ad Haifa, in Israele, un rettore donna e araba che dovrà fare a meno di parecchie collaborazioni occidentali.
Si continua a inaridire il mondo della scienza e del progresso dove più forti sono proprio quegli israeliani che vogliono la pace e si battono per i diritti. Un pezzettino alla volta gli epigoni della cultura woke, tanto devastante negli USA, stanno demolendo l’Occidente con le sue libertà e i suoi diritti di espressione. Oggi chi è ebreo o vuol dialogare con loro rischia. Hanno dimenticato Auschwitz e il 7 ottobre e temo che sottovalutino la necessità di aver cura della democrazia, di quanto sia costata costruirla e quanto sia facile perderla, magari fra scrosci di applausi.
È la vittoria ancora una volta della mera comunicazione sulla ragione; di chi riesce a orientare, a contaminare, a piegare il senso della verità alle istanze più estremiste, all’irragionevolezza, trasformando anche la violenza, lo sprezzo per il dialogo, in un vittoria di una presunta giustizia. È ciò che sta avvenendo in tanti atenei occidentali aldilà e al di qua dell’Atlantico per l’impegno di studenti ben sostenuti da solidi squadroni di intellettuali, politici ed esponenti dell’economia che possono finalmente vedere rappresentato liberamente il proprio odio verso Israele, quando non addirittura un vero e proprio antisemitismo: una vittoria attraverso le occupazioni da parte degli studenti delle università più importanti del mondo occidentale liberi ormai di tacitare le voci libere.
Ed è ciò che sta accadendo anche in un città del dialogo come Napoli dove i ragazzi che manifestano, pur essendo una minoranza rispetto alla popolazione universitaria ahimè colpevolmente silente, raggiungono l’obiettivo di costringere il rettore a trattare con loro i termini di una resa della libertà di pensiero. Perché questo è il vero punto di arrivo: non è più consentito superare certi recinti decisi altrove e le suggestioni che provengono dal pensiero oscurantista che accompagna le autocrazie, i terroristi, lontani dalla nostra formazione di società libere e democratiche prendono il sopravvento anche inconsapevolmente, piegando in maniera anomala i nostri valori, i nostri diritti per supportare chi nel mondo ci vede come nemici da abbattere e questa volta ne hanno l’opportunità per la grande fragilità delle nostre classi dirigenti, loro sì davvero colpevoli di cedere alle istanze più estremiste. Posizioni radicali, se non condivisibili, comunque spesso diffuse nella gioventù che si pone in una inevitabile posizione di antagonismo, come di frequente accade ai figli con i padri; ma quando i padri inseguono i figli invece di mantenere dritta la barra, anche la migliore nave rischia di naufragare. E vale l’antico adagio che il mare è aperto anche (e oggi soprattutto) ai malvagi.
*giornalista e scrittore
Ha ragione ed io rivivo con rabbia e sconforto una stagione della mia vita , il 68, che mi ha visto antagonistica vox clamantis in deserto
Che brutta società lasceremo ai nostri nipoti se ci pieghiamo così senza combattere davanti al peggiore dei mali la teocrazia degli ayatollah.
La generazione woke è peggiore degli stessi ayatollah perché ha ricevuto tutto senza combattere per avere la libertà di espressione e pensano che il rovesciare una democrazia possa significare libertà per chi? Per nessuno, tutti saremo dei dhimmi.