Il presidente del Consiglio italiano e la presidente della commissione Europea si affannano a correre in Nordafrica per coccolare l’ottuagenario presidente tunisino Kais Saied promettendogli aiuti economici. Finora a fronte di parole e promesse occidentali sul Piano Mattei, Saied non ha però ancora visto il becco di un quattrino dei 900 milioni di euro promessi per l’assistenza macroeconomica prevista dal memorandum Ue-Tunisia, firmato nel luglio 2023). E tra una cosa e l’altra accade che i tunisini ci ringrazino così: ad una fiera del libro svoltasi nella Capitale si è materializzato un gruppo di attivisti propal per contestare il ministro italiano della Cultura, Gennaro Sangiuliano, costringendo la delegazione italiana a lasciare precipitosamente la mostra.
Un raid vero e proprio, verrebbe da dire un’azione squadrista accuratamente preparata: gli attivisti sono saliti sul palco con le bandiere della Palestina e della Tunisia, intonando cori come: «Italia fascista, Italia sionista». Fonti del ministero italiano hanno poi chiarito che mentre andava in scena la protesta il ministro Sangiuliano era ormai lontano dallo stand. Ma questo non cambia la gravità dell’episodio. Soprattutto se si pensa che la contestazione anti-italiana è avvenuta in un momento in cui lo stesso presidente Saied ha da tre anni di fatto sospeso la democrazia in Tunisia e, con essa tutte le manifestazioni policihe anti-governative. Tutte, tranne quelle in funzione anti-italiana.
La Tunisia resta una delle nazioni arabe più chiuse e ottuse nei rapporti con Israele, al punto di mantenere intatto, nel proprio codice penale, all’articolo 60, il reato di tradimento così espresso: “Chiunque abbia a che fare con l’entità sionista è un traditore del popolo palestinese e colpevole di alto tradimento”.