Il Qatar “disponibile” alla richiesta Usa di espellere i dirigenti di Hamas
Non sappiamo dove si nasconda quell’anima nera di Yahya Sinwar, non sappiamo dove vengano tenuti nascosti quel che resta degli ostaggi israeliani, e nemmeno siamo certi di quando questa guerra nella Striscia finirà. Una cosa, però, è certa: Hamas adesso è isolata, e lo sarà sempre più, ogni giorno che passa.
(In alto, Antony Blinken, sotto Hanyeh)
Si muove con forza la comunità internazionale, e poco importa se l’Onu vergognosamente non ha ancora dichiarato Hamas organizzazione terroristica. Significativa è la mossa degli Stati Uniti, che hanno dato una sorta di ultimatum all’Emirato: dovranno espellere Hamas se il gruppo palestinese continuerà a rifiutare il cessate il fuoco con Israele. Un accordo questo che l’amministrazione Biden ritiene vitale per alleviare la situazione in Medio Oriente. Il Segretario di Stato Antony Blinken avrebbe consegnato questo messaggio al primo ministro Mohammed bin Abdulrahman Al Thani ad aprile. Tre diplomatici che hanno familiarità con la situazione hanno detto che i funzionari qatarini, la nazione che ospita la leadership politica di Hamas, hanno consigliato ai membri di Hamas – tra cui Ismail Haniyeh, il leader politico del gruppo che vive a Doha, la capitale del Qatar – di elaborare un piano di riserva per la residenza nel caso in cui avessero bisogno di andarsene. E tuttavia alcuni funzionari e analisti regionali avvertono che la chiusura dell’ufficio politico di Hamas a Doha complicherebbe ulteriormente gli sforzi per comunicare con i suoi leader e rinnovare i futuri negoziati sugli ostaggi.
Che Hamas sia ormai isolata e in preda a un delirio finale lo ha confermato anche Nicola Pedde, il direttore dell’Institute for Global Studies: “Hamas non ha alcun tipo di supporto, né politico, né militare. È caduto il principio della reciproca difesa comune. Perché l’Iran non ha nulla di guadagnare da un conflitto regionale, non lo vuole Teheran, ma neanche Hezbollah. “Il conflitto sta facendo crollare la credibilità dell’Asse della Resistenza – ha detto Pedde intervistato dall’Huff Post – Hamas è completamente isolata, con i suoi pseudo alleati che sbandierano ai quattro venti la loro estraneità ai fatti. Non ha alcun tipo di supporto, Né politico, né presumibilmente militare, perché anche volendo è impossibile far entrare a Gaza armamenti. I partner di Hamas dicono che questa è un’operazione al 100% palestinese e addirittura rincarano la dose sostenendo che sono stati stupiti dalla decisione dell’attacco e che a causa di ciò non ci sarà un intervento da parte loro. È caduto il principio sulla base del quale l’Asse informale della Resistenza è stato costituito, cioè quello di una reciproca difesa comune. Più che un trionfo dell’Asse della Resistenza, questo è il canto del cigno dell’Asse”.
Senza quasi più vie d’uscita, Hamas è in un angolo. E ci piace immaginare quel demone di Yahya Sinwar rinchiuso – come Hitler – nel suo bunker, in un qualche cunicolo delle prigioni senza luce né aria, con una pistola carica alla tempia.