Lo dice Abdulkhaleq Abdulla, consigliere del principe Mohammed bin Zayed Al Nahyan, presidente degli Emirati Arabi Uniti: “La guerra a Gaza non cambierà il Medio Oriente. Israele non sparirà, Hamas sì”.
Lo dicono gli analisti: uno storico accordo tra Israele e l’Arabia Saudita è la vera posta in gioco per la stabilizzazione del Medio Oriente, e ci sarà. E’ solo questione di tempo. Abdulla, il politologo che ora è ad Harvard, afferma: “Il conflitto non finisce solo a causa di Netanyahu e Sinwar. Uno è disposto a tutto, l’altro non si rende conto della realtà. Gli accordi di Abramo andranno avanti”.
Una ottima notizia. Tuttavia è ancora prematuro affermare che una coalizione difensiva, araba e sunnita, abbia preso forma e che sia, oltretutto, in azione per difendere Israele dall’Iran e dai suoi alleati non statali. Tra Israele e Iran c’è il territorio saudita e delle monarchie: qualunque scelta, o non scelta, di Riyadh va letta nel quadro della difesa dei confini nazionali, anche prevenendo – o limitando come sabato notte – un’escalation nel vicinato.
Di certo, nei giorni della crisi più buia tra Iran e Israele, l’Arabia Saudita si sta comportando come gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein, ovvero i paesi che hanno firmato gli Accordi di Abramo nel 2020: appelli alla moderazione a entrambe le parti – senza citarne alcuna – per tutti l’ammonimento sui rischi di una crisi incontrollata in Medio Oriente.
L’ennesima indicazione che la strategia di Riyadh non è cambiata, nonostante mesi di guerra israeliana a Gaza: la normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Arabia Saudita e Israele è solo una questione di quando, non di se. Allo stesso modo, la tenuta del dialogo tra Arabia Saudita e Iran, dopo la ripresa delle relazioni diplomatiche nel marzo 2023, è stata per certi versi inattesa, soprattutto da parte di Riyadh. Sauditi e iraniani hanno infatti continuato a parlarsi nonostante il 7 ottobre, cioè l’attacco di Hamas, alleato di Teheran, a Israele e a dispetto della crisi della navigazione nel Mar Rosso, aperta dagli houthi yemeniti che ricevono armi e addestramento dall’Iran. È grazie a questo perdurante dialogo – finora privo di avanzamenti concreti – che Riyadh può ora provare a limitare la portata dello scontro tra Iran e Israele.
(Fonti: Repubblica, Ispi)