di Emanuele Calò*
Ad essere onesti, gli arabi residenti in Israele nel 1948 e che sono dovuti andare via, non si sono affatto divertiti. Solo che qui ne hanno scritto degli storici israeliani, in primis Benny Morris, mentre sulla espulsione degli ebrei dai Paesi arabi non esiste letteratura locale. Certo, se loro (mi riferisco alle violenze scatenate dopo la Dichiarazione d’Indipendenza) e gli Stati arabi (cinque eserciti che invasero il neonato Stato d’Israele) non avessero cercato di sopprimere sia il neonato Israele che i suoi abitanti, la Nakba non ci sarebbe stata.
Alla fin fine, non si sbaglia più di tanto quando da parte ebraica si definisce la Nakba, come il rimpianto per il fallimento del tentativo di sopprimere Israele coi suoi abitanti. Ci sono, poi, degli ebrei che discorrono di Nakba ebraica, riferendosi all’espulsione degli ebrei dai Paesi arabi. Sennonché nella stampa ebraica si stigmatizza – giustamente – la fotocopia della definizione araba (Nakba) e il suo trapianto in sede ebraica. Non si dice che il taglia e incolla è d’uso corrente dalla controparte, che addirittura inserisce le pietre d’inciampo non sulla soglia della casa dei deportati, ma in un altro continente: la condanna di chi copia consiste nel rendere ridicolo (da ridere!) ciò su cui si dovrebbe piangere. Pazienza.
Sta di fatto che la Nakba ha lasciato in Israele gli attuali due milioni e passa di abitanti arabi, ossia, oltre un 20% di Israele, mentre a noi non risulta che nei Paesi arabi, nella più ottimistica delle versioni, ci sia più di uno 0,00001% di abitanti ebrei. Non è grave che menta chi mente, tutt’al più è una tautologia. Ciò che è grave, semmai, è che creda alle proprie favole. Sveliamo un segreto: se non si volesse la guerra (giustamente, mentre scrivo, sento in TV il Papa che parla contro la guerra, e ne siamo lieti) basterebbe non raccontare le balle: dice qualcosa Gleiwitz?
Invece, qualcosa andrebbe mutuato della parte c.d. propal, ed è la nozione di Apartheid. Gli ebrei italiani e, segnatamente, chi è al loro fianco senza essere ebrea/o, e che ci tiene a galla con il suo valore fisico e morale, sono/siamo oggetto di Apartheid. Negli Atenei, i convegni contro Israele sono accolti con la guida rossa, mentre quelli a favore di Israele sono respinti con le scuse più varie, anzi, fra poco affideranno a un’équipe di studiosi il compito di stilare un elenco di scuse per imbavagliare chi è contro Israele? Alla radio, mi hanno censurato, in Vatican News, non è andato meglio, nella TV, quando ho chiesto di rettificare l’affermazione di un giornalista per cui il 7 ottobre sarebbero stati colpiti insediamenti dei coloni, idem.
(David Parenzo e Maurizio Molinari)
La lista di pogrom mediatici è infinita: stiamo parlando di Apartheid in Italia. Con un dettaglio: per ora ne parlo soltanto io. Forse non è così? Apartheid, pulizia etnica e genocidio sono soltanto una proiezione di quanto sta accadendo ai danni degli ebrei. Per l’intanto, il boicottaggio ha per bersaglio gli ebrei, come sotto fascismo, nazismo e comunismo. Oppure si pensa che basti cambiare il “fuori gli ebrei” con “fuori i sionisti” per far abbassare la guardia dallo spaventoso assedio (citato dal fantastico Giuliano Ferrara, ma che avevamo sperimentato tutti) cui è sottoposta Israele e, con Israele, il resto degli ebrei del mondo? Israele viene disinvoltamente accusata di apartheid, pulizia etnica e genocidio, del quale, però, le uniche e sole vittime sono gli accusati e non il popolo palestinese. Maurizio Molinari e David Parenzo sono i primi, non certo gli ultimi.
*Giurista, scrittore e saggista – Direttore Osservatorio Enzo Sereni
Bellissimo articolo, preciso chiaro e puntuale. Concordo su tutto, ma avrei qualcosa, anzi molto, da dire sul giornale diretto proprio da Maurizio Molinari per le notizie che riporta su Israele e come le riporta! Su David Parenzo … uno che dice “dovete sputare nei piatti dei non vaccinati “ preferisco tacere.