di Maria Luciana Buseghin
Il 13 maggio 2024 nella prestigiosa Sala della Vaccara del Palazzo dei Priori a Perugia, sono stati presentati due libri usciti di recente ed entrambi molto significativi per la storia di Israele e del popolo ebraico: Golda Meir. Storia della donna che fondò Israele, di Elisabetta Fiorito, giornalista di Radio 24/Il sole 24 ore, edito da Giuntina di Firenze e di Notturno libico di Raffaele Genah, corrispondente per 30 anni della RAI da Gerusalemme per il Medioriente, esclusi Siria e Iraq, edito da Solferino di Milano.
Ha introdotto l’evento la presidente dell’Associazione Italia-Israele di Perugia, Maria Luciana Buseghin, che ha sottolineato come la sua realizzazione sia stata voluta in occasione della ricorrenza dei 76 anni dalla fondazione dello Stato di Israele – YOM HA ATZMAUT che cade quest’anno il 4 IYAR 5784 del calendario lunare ebraico, mentre nel calendario gregoriano solare adottato da quasi tutti i paesi del mondo il 14 maggio. Ha inoltre evidenziato che il 13 maggio è YOM HA ZIKARON, il giorno in cui si ricordano i caduti in guerra per la libertà del popolo ebraico e la difesa dell’indipendenza di Israele, nonché tutti i morti per terrorismo. E quindi, anche e soprattutto, oggi, i soldati caduti nella Guerra delle Spade di Ferro, ad oggi quasi 800, guerra originata dall’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre, il più importante e feroce dopo la Shoah, in cui sono stati assassinati oltre 750 civili e 350 militari e poliziotti: uomini, donne, anziani, bambini, molti dopo feroci torture, altri dopo essere stati rapiti.
Quanto alla figura di Golda Meir (Kiev, 1898 – Gerusalemme, 1978) – socialista sionista, madre fondatrice dello Stato di Israele, statista dalla forte personalità che ha influenzato identità e vicende dello Stato ebraico in cui è stata la prima e unica donna a ricoprire il ruolo di Primo Ministro dal 1969 al 1974 – ha soltanto voluto ricordare che in occasione della festa della donna l’8 marzo 2024, è stata riedita – dopo ben 25 anni dalla prima traduzione italiana data alle stampe da Mondadori nel 1976 – la sua autobiografia: La mia vita, con il titolo La mia vita. L’unica donna nella stanza, per i tipi di VandA edizioni, con prefazione di Anna Momigliano.
Ha, infine, brevemente accennato all’ appassionante romanzo di Raffaele Genah che affronta un’altra questione di grande rilevanza sia per il popolo ebraico della diaspora che per lo Stato ebraico: la storia degli ebrei libici, perseguitati e cacciati in varie fasi del ‘900, e infine costretti all’esodo nel 1967 dopo la Guerra dei Sei Giorni, a causa di cacce all’uomo, assalti casa per casa, tumulti, saccheggi, sinagoghe incendiate. Senza dimenticare il grande contributo che tanti libici emigrati in Israele e in Europa, di cui tanti anche in Italia, soprattutto a Roma e a Milano, hanno dato alla cultura europea ed italiana. Alcuni esempi:
David Zard (Tripoli, 1943), imprenditore musicale cui si deve l’organizzazione dei più importanti concerti dagli inizi degli anni Settanta; Herbert (Avraham Haggiag) Pagani (Tripoli, 1944 – Palm Beach, 1988), cantautore, artista e conduttore radio RAI, espulso con la famiglia dalla Libia già nel 1952, apprezzato per tante canzoni, ma soprattutto ricordato per Plaidoyer pour ma terre (qu’est ce que le sionisme) (“Arringa per la mia Terra”), testo poetico scritto in francese e poi in altre lingue, in difesa delle ragioni del sionismo e dell’essere ebreo; Miriam Meghnagi, anch’ella nata a Tripoli, cantante, etnomusicologa, studiosa dell’eredità musicale ebraica e mediterranea, che ripropone canti tradizionali e nuove interpretazioni, attingendo sia dal repertorio yiddish, sia dal repertorio sefardita; David Meghnagi (Tripoli, 1949), storico e psicanalista, direttore del Master internazionale di didattica della Shoah a Roma TRE; Victor Fadlun, nato a Roma nel 1973 da famiglia tripolina, manager di lungo corso, eletto presidente della Comunità ebraica romana nello scorso giugno 2023.
(da sinistra: Giovanni Scipione Rossi, Raffaele Genah, Elisabetta Fiorito e Maria Luciana Buseghin)
Gianni Scipione Rossi, giornalista e scrittore, attivissimo e prezioso consigliere dell’Associazione Italia-Israele di Perugia, ha condotto la conversazione con i due autori, affermando che la biografia di Golda e il romanzo sull’esodo libico sono due facce di una stessa medaglia, due modi di raccontare la storia di un popolo e di uno stato, stimolando i giornalisti anche ad esprimere il loro pensiero su come si vive oggi in Israele, il loro vissuto “storico” di un paese con tante contraddizioni ma sempre amatissimo, la loro opinione sull’atteggiamento dell’Italia verso Israele nel dopoguerra.
La Fiorito, ricordando come Israele abbia conquistato e abbia dovuto restituire il Sinai e Gaza più volte, ha ricordato come nel 1956 Golda Meir fosse rimasta sconvolta dalle condizioni della Striscia: le ingenti quantità di soldi versati attraverso le organizzazioni UNRWA (Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente) e UNHCR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) sono sempre state utilizzate per finanziare la guerra contro Israele, mai per cambiare lo stato sociale ed economico di quella terra che sarebbe potuta diventare un Paradiso. Tutti gli intervenuti si sono trovati d’accordo sul percorso accidentato verso la conciliazione, da cui scaturisse una possibile soluzione, tra Israele e i vari rappresentanti dei palestinesi dagli Accordi di Camp David nel 1978, a quelli di Oslo nel 1993 che hanno portato all’istituzione dell’Autorità Nazionale Palestinese e via via fino al vertice di pace del luglio 2000.
La Fiorito ha accennato a vari momenti della vita di Golda e di come lei l’abbia dedicato tutta alla costruzione di Israele e alla sua sicurezza: dalla giovinezza in Usa, e in particolare a Denver dove conobbe il marito Morris Meyerson (in seguito il cognome in Israele divenne Meir), alla sua attività come ministro del Lavoro e poi come Primo ministro; ha, inoltre, sottolineato come Golda non fosse una femminista nel senso in cui si intendeva negli anni Settanta ma che pur rimase molto male quando Ben Gurion la definì «L’unico uomo del mio governo». Anche Gianni Scipione Rossi ha ricordato la tendenza ricorrente ad emarginare la Meir o comunque a non prenderla troppo in considerazione: si può addirittura dire che ottenne le sue cariche più importanti quasi per caso, in conseguenza di “giochi” politici. Fiorito ha affrontato anche la questione del rapporto di Golda con gli arabi e quella dell’incontro a New York nel 1970 con Aldo Moro, la cui politica caratterizzata da filo-arabismo portò nel 1973 al “lodo Moro” – concausa di una serie di attentati tra cui soprattutto noto quello alla Sinagoga di Roma del 1982 – in quanto permetteva il libero passaggio dei gruppi palestinesi in Italia, questione che è stata approfondita anche da Genah. All’epoca solo il Partito Repubblicano e i Radicali erano con Israele.
Raffaele Genah ha dichiarato di aver scritto questo libro – che racconta la storia di una coppia che nel 1967, dopo la guerra dei Sei Giorni è costretta a scappare da Tripoli col figlio di pochi mesi – contro la cultura della cancellazione della memoria, memoria che è fondamentale conservare anche attraverso l’insegnamento: recita il Talmud «quando insegni a tuo figlio, insegni al figlio di tuo figlio».
La molla per scriverlo è scattata dalle ripetute richieste, ogni 27 gennaio, di una storia originale: conoscendo il protagonista della vicenda che vive vicino a Tel Aviv e un cui fratello morì in campo di concentramento, Genah ha deciso di raccontare la storia di quest’uomo, arrestato dei libici perché rientrato in Libia per cercare di salvare, o almeno vendere, una parte dei beni di famiglia, e della moglie che, intraprendente e audace, riesce a farlo liberare dalla prigionia dopo infinite traversie. Una storia d’amore e di coraggio che riemerge dopo cinquant’anni.
Notturno libico è dunque un libro scritto per combattere la totale cancellazione degli ebrei libici a partire dai pogrom del 1945: un esodo coatto che ha coinvolto anche la famiglia Genah che è dovuta correre via con 50 sterline e una valigia di 20 kg. Tutte le comunità ebraiche del Maghreb vennero spazzate via e ne furono distrutte sinagoghe e persino cimiteri, anche in Libia dal despota Gheddafi, ha sottolineato Gianni Scipione Rossi che ha condotto con vivacità e stimolanti interrogativi la serata, conclusasi con una lunga serie di firma-copie da parte di entrambi gli autori.