di Giuseppe Crimaldi
A febbraio Emmanuel Macron fece un passo generoso e simbolicamente molto importante nei confronti di Israele, rendendo omaggio alle vittime innocenti massacrate il 7 ottobre dai diavoli palestinesi. “Siamo 68 milioni di francesi colpiti dagli attentati terroristici del 7 ottobre. 68 milioni meno 42 vite uccise, 68 milioni comprese sei vite ferite, 68 milioni comprese quattro vite danneggiate per sempre dalla loro prigionia. 68 milioni di cui tre vite ancora prigioniere, per la cui liberazione combattiamo ogni giorno. Le loro sedie vuote sono lì”, dichiarò riferendosi agli ebrei francesi. Macron ea stato criticato per le sue dichiarazioni dopo il massacro del 7 ottobre e per non aver guidato la “Marcia contro l’antisemitismo” tenutasi a Parigi il 12 novembre. Quel giorno le vie di Parigi e di tante città d’oltralpe si erano riempite di una folla incontenibile di gente – tantissimi i non ebrei – che solidarizzava con lo Stato Ebraico.
Oggi – a distanza di sette mesi dal pogrom di Hamas, la Francia assesta uno schiaffo in pieno volto ad Israele: il governo francese ha vietato alle aziende israeliane di partecipare al salone Eurosatory sulla sicurezza e la difesa, che si terrà a Villepinte a Parigi dal 17 al 22 giugno, a causa delle sue operazioni militari su Rafah, nel sud di Gaza Striscia. Il ministero francese delle Forze Armate ha indicato che «non ci sono le condizioni» per accogliere i produttori di armi israeliani nel momento in cui il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron ha chiesto la cessazione delle operazioni israeliane a Rafah, secondo il canale all news francese Bfm. Benny Gantz, membro del gabinetto di guerra che si è costituito dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, ha espresso il suo disaccordo durante una conversazione telefonica con il primo ministro francese Gabriel Attal. «Ho sottolineato che la decisione in definitiva premia il terrorismo e ho chiesto alla Francia di riconsiderare la sua decisione», ha detto Gantz in un post su ‘X’.
E’ solo l’ultimo atto di una lunga, triste defezione di nazioni che conoscevamo essere amiche di Israele. Qualcuno dice: si tratta di posizioni temporanee, tese solo a fare pressing sul governo di Netanyahu per far cessare la guerra in corso ora a Rafah. Noi ci permettiamo di nutrire qualche perplessità: soprattutto dopo la conclamata presa di posizione – incomprensibile almeno fin tanto che alla guida dei palestinesi ci saranno i tagliagole di Hamas e di Fatah – di riconoscere lo Stato di Palestina assunta da Spagna, Irlanda, Norvegia. Abbiamo sempre creduto che l’antisionismo sia la maschera comoda dell’antisemitismo. Vorremmo tanto sbagliarci, ma temiamo che il vento nero dell’odio verso Israele si stia facendo sempre più forte.
The states ‘cause is usuallly what else ?
Necessario! Ecco come definirei questo articolo! In una stagione in cui la stampa internazionale amplifica legittimità e visibilità della causa palestinese mentre tollera serenamente, quasi all’ unanimità, il raccapricciante spettacolo di studenti della Columbia che inneggiano, birre in mano, ai video delle stragi del 7 ottobre.
Quando l’antisemitismo riemerge non occorre diplomazia né ipocrita correttezza, occorrono giornalisti e politici che lo condanni senza sé e senza ma.
Dopo aver letto tanti articoli di Crimaldi, sono convinta che la sua vocazione giornalistica possa riassumersi in questo antico motto
Etsi omnes, non ego!
Israele e’ accusata di genocidio, ma contro Putin che ha ucciso milioni di ucraini in una guerra che non ha giustificazioni nessuno prende posizione: il mondo alla rovescia!
Sempre d’accordo con te Giuseppe! e purtroppo anche in questo diventare una tempesta del vento che spira ormai da tempo contro la nostra amata Israele!
Very interesting subject, thank you for putting up.Expand
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