Perugia, il libro di Scipione Rossi sull’antisemitismo

di Marcella Silva Silvestri

Anche Israele, però…” A Perugia dibattito sull’Antisemitismo con Gianni Scipione Rossi

Il 7 Ottobre 2023 nel deserto del Negev, al festival musicale Supernova, avveniva l’eccidio di Hamas nei confronti del cuore pulsante di Israele: i giovani. Ad otto mesi di distanza dall’azione terroristica il giornalista Gianni Scipione Rossi pubblica il saggio “Anche Israele, però… L’ombra lunga dell’antisemitismo” (Intermedia Edizioni). Quante volte abbiamo taciuto di fronte a quelle pause, immancabilmente presenti, quando si parla di Israele? Tante, troppe, ed è forse per questo che l’autore, consigliere dell’Associazione Italia-Israele di Perugia, ha voluto dire la sua, senza se e senza ma, e senza la paura di fondo che ad oggi avvolge tutti coloro che vorrebbero esprimere un’opinione contraria a quella dilagante.
Il 7 giugno 2024, alla Loggia dei Lanari di Perugia, si è tenuta la presentazione del libro, introdotta dall’antropologa e presidente dell’Associazione Italia-Israele di Perugia Maria Luciana Buseghin. All’incontro, che ha ben presto preso le vesti di un dibattito, hanno preso parte anche la vicepresidente dell’AITIL Gabriela Sabatini insieme ad altri membri dell’associazione, a numerosi cittadini e ad alcuni studenti israeliani che vivono nel capoluogo umbro. “La giornata è stata chiaramente scelta in ricordo della tragedia del 7 ottobre”, chiarisce Buseghin, aggiungendo che il libro di Gianni Scipione Rossi racchiude una serie di riflessioni che toccano diversi argomenti e si chiude con un glossario che fissa le date più importanti dello Stato ebraico.

(Gianni Scipione Rossi)

Il giornalista da subito definisce il suo scritto come il “diario di un dolore” ed afferma quanto sia importante, ad oggi, non restare nella zona grigia ma schierarsi pubblicamente. L’autore ha posto l’attenzione su di un concetto chiave del libro, l’antisemitismo mascherato da antisionismo, e così facendo ha precisato come esso sia e sia sempre stato, anche in Italia, paragonabile ad un fiume carsico. Così come i fiumi che si alzano e si abbassano in base alla marea, e così come le loro acque che infiltrano i terreni e corrodono le rocce, anche nel nostro paese l’odio antisemita si infiltra e corrode ogni meandro della società. E le sedi della cultura, in particolare Università e scuole, sono le prime artefici di questo odio raziale. Se è vero, come afferma Rossi, che “l’antisemitismo è un sentimento culturale atavico” è anche vero che la cultura ebraica nonché il contributo ebraico alla scienza e al sapere, sono da sempre parte integrante del patrimonio non solo italiano ma europeo e, ancor meglio, mondiale.


Nonostante ciò, quasi per un rovesciamento delle sorti, i luoghi dove più profondamente gli ebrei hanno contribuito, sono gli stessi dove ad oggi vengono additati, allontanati, se non addirittura umiliati. Prova ne sia la presenza di alcuni giovani studenti israeliani che con tono più preoccupato che polemico, più rammaricato che arrabbiato, hanno chiesto all’autore e alla presidente Buseghin: “Come possiamo difenderci dalle accuse di genocidio del popolo palestinese? Come possiamo difenderci se qualcuno ci urla terroristi?”. Ebbene si, queste sono le parole di cui avremmo volentieri fatto a meno ma che nostro malgrado abbiamo dovuto ascoltare, abbiamo dovuto masticare e ingoiare ma non certo digerire. È triste dover ammettere che ventitré anni di giorni della memoria possono essere accartocciati e buttati nel più vicino secchio della carta straccia, è poi ancor peggio dover assistere al racconto di episodi di vero e proprio bullismo antisemita, che gli studenti ebrei hanno dovuto subire.
È chiaro che ci sia qualcosa da cambiare, è chiaro che ricordare non è servito a nulla se i pochi israeliani presenti nelle aule Italiane sono ad oggi costretti a chiudersi in casa pur di evitare le vessazioni della massa. E di quale colpa si sarebbero macchiati loro, che sono venuti qui per studiare e che ci hanno detto, con nostro grande dispiacere, che qui non si sentono più a casa e che hanno paura? Ma l’Università non era forse un luogo culturale per tutti e di tutti? Ma quali sono le minoranze da difendere? La domanda resta in sospeso ma ciò che è certo è che oggi, come allora, gli atti terroristici danno vita a reazioni viscerali, sia nell’opinione pubblica che nei governi, ed è così che scoppiano le guerre. E si sa che nelle guerre anche chi sta dalla parte giusta commette delle atrocità spaventose ma questo non giustifica né mai giustificherà la canea del pensiero unico che si sta abbattendo sulla comunità studentesca israeliana.

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