Abu Mazen, il Goldfinger negazionista di Ramallah

Più che l’ombra di un vecchio autocrate incapace di guidare un popolo, è oggi solo un’ectoplasma. Incapace, stanco, malato, ma in un isolamento dorato. Parliamo di Abu Mazen.
Mahmud Abbas, alias Abu Mazen, è stato segretario generale del Comitato esecutivo dell’Olp dal 1996 al 2015 e dal 2005 è presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese. Accentratore di cariche, 89 anni e un seguito di dirigenti chiacchierati e spesso corrotti. Non chiediamoci allora perché, a Gaza, i palestinesi si siano fidati dei tagliagole di Hamas, soppiantando di fatto l’Anp con il fronte armato e terroristico jihadista.
Un brontosauro attaccato alla poltrona, inaffidabile e incapace di governare la dispersione dei tanti, troppi giovani di Cisgiordania verso le posizioni più estremiste e anti-israeliane.
Nel 2015 suscitò scalpore (e indignazione) la sua decisione di costruirsi una lussuosa reggia da 13 milioni di dollari (!) per accogliere a Ramallah gli ospiti stranieri. Gli piovvero addosso critiche da ogni parte: dall’Occidente, che ha finanziato le casse della Cisgiordania, ma anche dagli stessi palestinesi, che considerarono, alla luce delle reali criticità, un inutile sperpero di denaro l’edificazione del Presidential Guest Palace. Il complesso si estende su uno spazio complessivo di 27mila metri quadri, dispone anche di una struttura per l’amministrazione presidenziale e le guardie e persino di due piattaforme di atterraggio per gli elicotteri.


(Il palazzo presidenziale di Abu Mazen a Ramallah)

Immaginate quante cose si sarebbero potute realizzare con 13 milioni di dollari per un’enclave sgangherata, per un’economia inesistente, per impiantare industrie, aziende agricole e quant’altro, nella West Bank.
Abu Mazen si difese raccontando che i finanziamenti arrivavano dalla Pecdar, il Consiglio economico per lo sviluppo e la ricerca, una società a cui fa capo la maggior parte dei progetti di rilancio in Cisgiordania. In realtà – come ha ben documentato il giornalista Luigi Guelpa su Libero – i forzieri della Pecdar sono sempre stati ricolmi di valuta estera: “Negli ultimi dieci anni la sola Unione Europea ha destinato almeno sette miliardi di dollari per il sostegno dell’Autorità nazionale palestinese. Dal 2000 a oggi Arabia Saudita e Qatar hanno contribuito a varie iniziative di non ben precisato sviluppo con 15 miliardi di dollari”, ai quali ne vanno aggiunti molti altri dall’Iran. Una pioggia di soldi per il Goldfinger ultraottuagenario.
Abu Mazen è stato anche un negazionista della Shoah. Nella sua tesi di dottorato in Storia svolta presso il Collegio Orientale di Mosca nel 1982 e intitolata “La connessione tra nazismo e sionismo, 1933-1945” afferma: «Sembra che il movimento sionista sia interessato ad aumentare le stime dei morti a causa dell’Olocausto per averne un maggiore tornaconto. Questo li ha portati ad enfatizzare questa stima [sei milioni] per conquistare la solidarietà dell’opinione pubblica internazionale. Molti studiosi hanno analizzato tale stima ed hanno raggiunto conclusioni sorprendenti, fissando il numero di vittime a poche centinaia di migliaia». E a poco è valsa la correzione di tiro quando, nel 2014 il vecchio despota è ritornato sul tema, durante la celebrazione israeliana dello Yom HaShoah affermando, in una dichiarazione pubblicata dall’agenzia Wafa come “messaggio speciale al popolo ebraico”, che “lo sterminio degli ebrei durante l’Olocausto è stato il più odioso crimine contro l’umanità avvenuto nell’era moderna”.

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