Il primo obiettivo è annientare hamas, non Bibi

Opinione di Antonella Celletti*

“Ogni ipotesi di pace, che non preveda la distruzione di Hamas e che non metta le belve in condizione di non nuocere oltre, è un tragico inganno”. Lo ha scritto questa mattina Daniele Capezzone sul quotidiano di cui è direttore editoriale in un articolo ampiamente condivisibile. Una posizione ammirevole di verità e responsabilità che manca nella quasi totalità dei media italiani afflitti da un conformismo e, perfino, da un’ignoranza che fanno trasecolare, ma anche intrisi di furia ideologica o influenzati da ambienti connotati da antico e perdurante antisemitismo e violento antisionismo, per altro due facce della stessa medaglia.

Che i terroristi palestinesi di Hamas siano da rendere inoffensivi (come per altro i terroristi delle varie sigle) credo sia chiaro a tutti. Che Gaza sia da ‘bonificare’ da ogni residuo di gallerie, di mezzi offensivi, di strumenti di propaganda, che da mesi, per non dire da anni, inquinano l’informazione internazionale, credo sia evidente. I colpevoli della situazione drammatica non sono né lo Stato ebraico, né certamente chi lo sta guidando in un percorso difficilissimo che pochi statisti saprebbero compiere reggendone le responsabilità. Comprendiamo, ovviamente, la disperazione, il dolore e la devastazione dei famigliari degli ostaggi e siamo vicini a loro fin dal giorno del pogrom, il 7 ottobre. Ma l’obiettivo da colpire non è Benjamin Netanyahu, l’obiettivo sono i terroristi palestinesi che non hanno avuto alcun ritegno a mostrare al mondo fino a che punto possa arrivare la loro crudeltà e la totale indifferenza di fronte alle sofferenze e alla vita umana. ‘Belve’ li chiama Capezzone. Peggio, diciamo noi. Purtroppo la propaganda propal diffusa sapientemente anche dai canali occidentali ha sviato completamente l’attenzione dai carnefici di Hamas che sono i primi a non volere né tregua, né trattative, né pace. In caso contrario, non avrebbero eliminato con un colpo in testa sei ostaggi in vista di liberazione, ma li avrebbero liberati vivi in segno di buona volontà.

(Antonella Celletti)

Colpire Benjamin Netanyahu oggi è fare il gioco dei terroristi e di chi vuol mantenere Gaza come una pistola fumante alla tempia di Israele. Non a caso tutti gli israelofobi (e antisemiti), in Italia come in Europa e in Occidente e negli inutili organismi internazionali (vedi ONU), da mesi stanno buttando addosso a Netanyahu ogni nefandezza. Non intendo fare l’avvocato difensore del primo ministro israeliano, non ne ha bisogno né questo è il mio ruolo. Intendo invece indirizzare l’attenzione sul nodo centrale del problema che è la salvezza di Israele. Su un piatto della bilancia c’è infatti la sopravvivenza dello Stato ebraico, dall’altra le ragioni di chi piange i propri cari e di chi, ragiono io, fomenta gli animi e le manifestazioni, magari prospettando una situazione di appeasement a prezzo di concessioni tanto penalizzanti per lo Stato ebraico da renderlo nei fatti impotente, mettendone a rischio il futuro. Personalmente credo che ci siano molte pressioni internazionali contro Netanyahu a favore di un novello ‘Chamberlain’ che blandisca e trovi effimeri compromessi con il nemico, come ne abbiamo già visti, garantiti da organismi internazionali che non valgono una cicca di fronte al terrorismo e all’espansionismo islamico dell’Iran e ai suoi proxies. La domanda che pongo a chi sa più di me è quali decisioni assumerebbero oggi, in questa situazione, i grandi pionieri di Israele, gli statisti, i generali e i pensatori che trasformarono la speranza in realtà, da Ben Gurion a Golda Meir, da Moshe Dayan a Ariel Sharon. Per quel poco che ho letto, credo che non avrebbero perplessità: prima la sopravvivenza dello Stato, poi, al momento debito, la pace. Si tratta forse solo di una speranza mia e di tutti coloro che, come scrisse Ugo La Malfa dopo la guerra dei sei giorni, credono tuttora che la nostra libertà e il nostro futuro si difendano sotto le mura di Gerusalemme”.

Giornalista, presidente Associazione Italia-Israele di Cesena

One thought on “Il primo obiettivo è annientare hamas, non Bibi

  1. Condivido pienamente l’esigenza imperativa di vivere questa guerra non voluta e annientare le belve umane di Hamas . L’immenso prezzo che costerà questa vittoria eviterà dolori e lutti ancora più grandi

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