«Premesso che ancora non sappiamo nel dettaglio cosa sia accaduto veramente, dal punto di vista tecnico ritengo che fare esplodere una batteria a distanza sia molto improbabile. Per almeno due ragioni. Le batterie hanno tre poli, uno serve proprio per un circuito interno anti riscaldamento, che è praticamente impossibile da hackerare dall’esterno perché non è connesso a nulla. Altra ragione. E’ vero che le batterie possono esplodere per surriscaldamento, se la carica è improvvisamente alterata, ma non tutte insieme contemporaneamente. La probabilità è che sia stata intercettata la filiera di fornitura di quei cercapersone, che siano stati inseriti dei micro esplosivi e grazie alla modifica del software, da remoto, siano stati fatti esplodere». Lo afferma all’Adnkronos Marco Camisani Calzolari, esperto di Intelligenza Artificiale, docente Universitario e divulgatore scientifico, sull’attacco hacker a Hezbollah in Libano, attraverso l’esplosione dei cercapersone.
«Se fosse la batteria le persone comuni, giustamente, potrebbero iniziare a preoccuparsi del fatto di avere in tasca un cellulare, visto che nella vita tutto può succedere. Ma per la situazione attuale della tecnologia è altamente improbabile che accada, soprattutto su numeri alti. Aggiungo, però, che sicuramente la batteria dentro il cercapersone ha contribuito ad aumentare l’effetto dell’esplosione perché prende fuoco».
Nella foto di copertina: gli operativi di Hezbollah eliminati
(Fonte Adn Kronos)