Israele fa sapere di stare indagando sull’esistenza ancora in vita del leader di Hamas Yahya Sinwar, ma dietro l’annuncio potrebbe esserci dell’altro. Strana e irrituale la notizia diffusa da governo e Idf: in genere non si preannuncia – nei casi in cui siano coinvolti dei terroristi, soprattutto del calibro di Sinwar – un’indagine sulla morte di qualcuno.
E allora che cosa ci può essere dietro quest’annuncio? Partiamo da un dato certo: lo Shin Bet ha respinto il rapporto e ritiene che Sinwar sia vivo. Eppure stando a un rapporto dell’intelligence oggetto Sinwar potrebbe essere rimasto ucciso durante una delle ultimissime operazioni di Idf a Gaza. «Sono tutte speranze e supposizioni basate sul fatto che Sinwar nelle ultime settimane è stato irraggiungibile», ha detto un funzionario israeliano al giornalista Barak Ravid.
Molto più probabile è che si tratti di una strategia comunicativa utile a stanare il tagliagole più ricercato da Israele. Un modo per stanarlo, ipotizzando che sia già morto.
L’esercito israeliano ”non può confermare, né smentire” che Sinwar sia vivo o morto, ha dichiarato in un briefing il portavoce delle Forze di difesa israeliane Daniel Hagari. “Per quanto riguarda quanto emerso negli ultimi giorni sulla situazione di Sinwar, non posso né confermarlo né smentirlo”, ha detto. Tra le fonti consultate dal Jerusalem Post, una di alto livello ha gettato acqua sul fuoco, mentre un’altra ha detto di non avere informazioni reali al riguardo e altre ancora hanno rilevato disaccordi all’interno dell’establishment della difesa.
Come in una partita a scacchi, ogni mossa ne prelude un’altra. E in questo gioco vince chi riesce a dare scacco matto.
ahya Sinwar, dal 2017 leader di Hamas nella Striscia di Gaza, è considerato la mente dell’attacco a Israele del 7 ottobre. Nato nel campo profughi di Khan Younis sessantuno anni fa da una famiglia espulsa da Ashkelon nel 1948, si ritiene viva (o abbia a lungo resistito, da quando è iniziata l’offensiva di Tsahal nella Striscia di Gaza) nei tunnel dell’enclave palestinese. Israele ha diffuso un video nelle settimane scorse proprio in uno di quei tunnel per dimostrarlo. E’ il ricercato numero uno di Israele, ”l’imprendibile”. Le autorità israeliane lo hanno liberato dal carcere nel 2011 durante uno scambio di prigionieri insieme ad altri 1.026 palestinesi in cambio del rilascio del soldato israeliano rapito a Gaza Gilad Shalit. Sinwar ha trascorso 22 anni in carcere in Israele, dove avrebbe dovuto scontare cinque ergastoli per aver ucciso due soldati israeliani e quattro palestinesi che considerava collaboratori di Israele nel 1989.
L’eliminazione fisica di Sinwar sarebbe il colpo di grazia finale per la leadership di Hamas. Per proteggersi da chi lo vuole morto si sarebbe anche “vestito da donna” per nascondersi tra la popolazione della Striscia di Gaza durante il periodo trascorso all’esterno della rete di tunnel.
Sinwar si sarebbe inoltre spostato da un posto all’altro nella Striscia per anticipare i tentativi israeliani di eliminarlo, anche grazie alle informazioni ottenute da corrieri. “Si dice che Sinwar non si fidi più delle comunicazioni elettroniche, temendo che l’esercito israeliano scopra la sua posizione e lo uccida”, ha riferito all’inizio di agosto il sito di informazione emiratino Al-Ain. Parlando con l’agenzia di stampa israeliana Maariv, una fonte della sicurezza israeliana ha dichiarato che Sinwar stava esaurendo i posti in cui nascondersi, mentre l’offensiva israeliana nella Striscia stava indebolendo la leadership di Hamas. Ma il quotidiano Asharq al-Awsat ha riferito che Sinwar insiste affinché la sua vita venga risparmiata come parte dei negoziati per un accordo di cessate il fuoco. Da buon vigliacco, vuole salvare la pelle: alla faccia di tutti i palestinesi che ha mandato a morire dopo il 7 ottobre. Non c’è che dire: un vero coraggioso.
Su tutti questi dubbi un solo dato è certo, e ci si può anche scommettere: Sinwar è un morto che cammina, e ammesso sia ancora vivo il countdown sta arrivando alla fine. Resta ancora poca sabbia nella clessidra che lo separa all’appuntamento con la fine. Noi facciamo il tifo per chi sta facendo di tutto per lasciarlo arrostito a terra, in qualche lurido cunicolo o alla luce del sole.