Venezia, anteprima mondiale del film “Soda”

di Maria Bruna Pustetto

Fa male non aver visto gli attori di “Soda” (Il desiderio di lei) del regista e sceneggiatore israeliano Erez Tadmor, sfilare sul red carpet della Mostra del Cinema di Venezia dove il film, fuori concorso, è stato presentato in anteprima mondiale al cinema Giorgione, casualmente non distante dal ghetto ebraico della città.

Dispiace perché del cast fa parte Lior Raz (Shalom) – conosciuto ormai in tutto il mondo per la sua drammatica interpretazione di Daron nella serie televisiva “Fauda” -, accanto a una splendida Rotem Sela, attivista e militante della comunità Lgbt, che avevamo visto come protagonista della serie “Beauty and the Baker” (La bella e il fornaio) distribuita da Amazon Prime e, in tempi recenti, in “A Body That Works” una serie di Netflix che si addentra con coraggio nel delicatissimo tema della maternità surrogata.

(L’attore Lior Raz con i presidenti delle associazioni del Friuli, Giorgio Linda, e di Savona, Cristina Franco)

Il regista Erez Tadmor, reduce dal successo riscosso in Israele dalla sua serie “Matchmaking” di cui è stato anche co-sceneggiatore, non poteva non scegliere meglio il cast di cui fa parte anche Netta Shpigelman, la moglie sofferente di Shalom, e la sua giovanissima figlia Sivan Tadmor, interprete perfetta di una storia autentica, vissuta da suo nonno negli Anni ’50 e ambientata tra un gruppo di sopravvissuti alla Shoah segnati profondamente dalla terribile esperienza. Combattenti contro il fascismo, tutti i componenti della piccola comunità portano i segni indelebili di un incubo che ha minato, in misura diversa, il loro equilibrio. La condivisione degli spazi, del cibo, dei problemi comuni, non bastano ad attenuare le ferite psicologiche che tutti i soggetti manifestano con modalità diverse. Si potrebbe qui dire che il regista abbia tentato, e vinto, una esercitazione di psicanalisi di gruppo che ha superato la sua funzione lasciando spazio a una elaborata ricerca artistica dove ogni personaggio aggiunge la sua personalissima pennellata di colore. Quanti si muovono sulla scena alimentano l’opera d’arte e i suoi contorni in base al loro vissuto, e la Shoah ne risulta la parte preminente, anche se è palese che il lavoro di introspezione voluto dal regista mette in luce gli aspetti più intricati e sommersi di ogni singola personalità. Shalom, il cui nome in ebraico significa Pace, sembra essere il personaggio psicologicamente più solido, capace di gestire il trauma ossessivo della moglie ma anche di capire le motivazioni che accompagnano ogni azione dei sui amici alla ricerca di un’identità nella loro terra d’origine dopo aver toccato con mano la più atroce delle barbarie. Il loro è un articolato tentativo di rinascita in un momento di condivisione che non può comunque appiattire i singoli desideri e le passioni più o meno assopite.

L’arrivo di un nuovo personaggio non li placa ma, anzi, li riporta ai margini del dolore. Quella che potrebbe essere vissuta come una ventata di vitalità viene rubricata tra i nemici reali o presunti. La vittima, o meglio, l’eroe, quello a cui – e nemmeno lui ne è cosciente -, nulla è riuscito a mettere la sordina al cuore, crea lo scompiglio perché, come dirà lo stesso Lior Raz parlando con il pubblico: “L’amore cambia tutto, fa saltare anche un sistema che si dava per acquisito e innesta il disordine”. Ed è proprio quella ventata d’amore/disordine che diventa la star di quest’opera e ne definisce la cornice. Una pennellata, in questo caso, che si sovrappone a tutte le altre e che rivela l’artisticità dell’opera collettiva a cui tutti hanno preso parte in una encomiabile esibizione di bravura. Se fosse stato girato in bianco e nero si potrebbe accostare “Soda” a qualche film di Truffaut, più vicino alla cultura occidentale, per quanto lontano nel tempo. Un film, “Soda”, da non perdere in questo particolarissimo momento storico doloroso almeno tanto quanto il tempo che racconta. Sul rever della giacca Lior Raz indossa il nastro giallo che ricorda gli ostaggi israeliani. Non è una stella, ma il brivido profondo che procura è come se lo fosse.

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