di Antonio Gozzi*
Ancora una volta, purtroppo, si deve constatare che nei confronti dell’estremismo e delle minacce e le aggressioni dei nemici dell’Occidente valgono soltanto i rapporti di forza.
L’Iran ha lanciato contro Israele un attacco con più di 200 missili balistici che sono stati quasi tutti intercettati dalle difese aeree dello stato ebraico.
È la risposta disperata a una situazione che nelle ultime settimane, grazie ad un ritorno di efficacia dell’azione di intelligence israeliana, e alla supremazia militare, ha visto cambiare radicalmente le sorti del conflitto che oppone lo stato ebraico a quanti lo vogliono cancellare dalla faccia della terra.
Eliminazione del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ospite dei pasdaran a Teheran; eliminazione praticamente di tutti i capi di Hezbollah compreso il capo supremo del movimento militare sciita Hassan Nasrallah; sostanziale distruzione della capacità militare di Hamas a Gaza; disarticolazione delle strutture operative di Hezbollah e distruzione delle sue basi militari in Libano meridionale anche con una limitata invasione di terra delle forze dell’IdF; attacchi aerei alle basi Houthi in Yemen da cui sono partiti attacchi missilistici contro Tel Aviv dimostrano la capacità e la forza di Israele che è in grado di fronteggiare e sconfiggere le proxy dell’Iran su tre fronti principali contemporaneamente.
Il 7 ottobre si avvicina, e se si può dire che dopo lo shock subìto uno degli obiettivi di Israele era quello di ricostruire nei confronti dei nemici una deterrenza che dopo quella tragedia sembrava perduta, allora tale obiettivo è stato raggiunto, ridando al popolo israeliano fiducia nelle sue forze armate e nella sua intelligence.
Pierluigi Battista nel suo breve saggio ‘La nuova caccia all’ebreo’ (Ed. liberilibri, 2024)
sostiene che Israele ha compiuto un errore comunicativo gravissimo a non divulgare apertamente le immagini atroci del 7 ottobre riprese dagli stessi tagliagole di Hamas, scatenati in un sabba antiebraico senza precedenti dalla Shoah in poi. Sono immagini sconvolgenti, ributtanti, che fanno stare male e che dimostrano la profondità del male jihadista: terroristi invasati che urlano di avere ammazzato intere famiglie di ebrei, che bruciano con metodo famiglie intere asserragliate nelle case dei kibbutz, che violentano ripetutamente donne ebree davanti ai loro figli, che decapitano bambini, li fanno a pezzi e poi li buttano nei forni a bruciare.
Battista dice che Israele ha fatto male a non mostrarle tutte perché quelle immagini e la loro crudeltà rivoltante andrebbero mostrate a tutti quelli che gridano al “genocidio”, a tutti quelli che, anche in vasti settori della sinistra occidentale, non capiscono o fanno finta di non capire la mostruosità di ciò che è accaduto. Non avendo mostrato quelle immagini Israele avrebbe perso la battaglia dei cuori, la guerra della comunicazione che Hamas starebbe vincendo senza scrupoli.
In effetti anche recenti sondaggi mostrano il progressivo distacco e condanna di Israele della maggioranza delle opinioni pubbliche occidentali.
Forse però, a un anno dall’inizio di questa crisi gravissima, la cosa va vista da un altro punto di vista, anche al di là della capacità o dell’interesse di Israele a comunicare alle opinioni pubbliche occidentali quanto ha subìto.
Gli uomini di buona volontà che comprendono come i due conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente rappresentino altrettanti attacchi all’Occidente, ai suoi valori, ai suoi principi dovrebbero fare opera di chiarimento e spiegazione della posta in gioco ad un’opinione pubblica che, come è sempre stato, anche ai tempi di Hitler, è in maggioranza pacifista e neutralista.
Bisogna far ragionare le opinioni pubbliche occidentali ed essere capaci di far comprendere ciò che sta accadendo e il valore di quello che Israele sta facendo per l’occidente intero.
Ci sono una serie di fatti inconfutabili.
L’Iran e le sue proxy, Hamas, Hezbollah, Houthi, teorizzano l’annientamento dello stato di Israele, “dal fiume al mare”, slogan ripreso purtroppo dai giovani, non molti per la verità, che in America e in Europa occupano le università e si rendono protagonisti di una nuova caccia all’ebreo.
Bisogna ricordare che l’eccidio del 7 ottobre è stato perpetrato da Hamas per impedire che gli accordi di pace e cooperazione già realizzati tra un certo numero di Paesi arabi (Emirati Arabi, Bahrein, Giordania, Sudan, Marocco) e Israele venissero firmati di lì a poco anche dall’Arabia Saudita.
Bisogna ricordare che questi accordi sono di grandissima importanza perché sancirebbero dopo più di 70 anni la fine di ogni conflitto arabo-israeliano che, dalla nascita di Israele, ripetutamente, ha minacciato la sua esistenza.
Ha diritto Israele a difendersi? Ha diritto di farlo con tutta la forza di cui dispone per provare a ridurre sostanzialmente le minacce e gli atti ostili provenienti da chi ha come obiettivo la sua distruzione?
Si ritorna a discutere dell’uso della forza, delle sue drammatiche conseguenze sulle popolazioni civili, sulla proporzionalità all’offesa ricevuta.
I palestinesi di Gaza, sottoposti a tremende sofferenze perché utilizzati da Hamas come sacchi di sabbia, donne e bambini compresi, per proteggere le sue istallazioni militari e i suoi depositi di armi collocati anche nelle scuole e negli ospedali, pagano un prezzo altissimo.
Ma ci sono ancora cento ostaggi israeliani da un anno nelle mani di Hamas, che sembrano essere utilizzati come scudi umani dal capo supremo Sinwar, ancora nascosto nei cunicoli di Gaza, per impedirne la cattura da parte di IdF.
In occidente giustamente si fanno pressioni su Israele perché vengano limitati i danni alle popolazioni civili; e gli estremisti pro-pal pensano, il 7 ottobre, di festeggiare l’eccidio con manifestazioni di piazza. Nessuno però ha detto una parola, né con pressioni mediatiche né con cortei pacifisti, quando qualche anno fa il tiranno siriano Assad, con l’aiuto dei russi e delle milizie sciite di Hezbollah, uccideva decine di migliaia di civili nel suo Paese, compresi migliaia e migliaia di donne e di bambini. Ma nei confronti di Israele c’è sempre una diversa considerazione, un doppio peso.
La stabilizzazione dei rapporti tra Israele e i suoi nemici, primo fra tutti l’Iran, passa attraverso la ricostruzione di una deterrenza. Gli Stati Uniti di Biden hanno cercato con l’incessante attività del segretario di Stato Blinken di moderare l’uso della forza da parte di Israele ma contemporaneamente lo hanno protetto e lo proteggono con lo schieramento in zona di due portaerei e di un sommergibile che costituiscono un monito verso chiunque.
Ancora una volta, purtroppo, si deve constatare che nei confronti dell’estremismo e delle minacce e le aggressioni dei nemici dell’Occidente valgono soltanto i rapporti di forza.
La strada per costruire la soluzione ‘due popoli/due stati’ passa attraverso gli accordi di Abramo e la sconfitta dei disegni neo imperialisti della teocrazia iraniana e delle sue proxy. Chissà che la sconfitta militare non liberi anche il popolo iraniano dal giogo degli ayatollah.
*Antonio Gozzi è Presidente di Federacciai (Federazione delle Imprese Siderurgiche Italiane), membro del Consiglio Generale di Confindustria ed è membro dell’Esecutivo dell’Aspen Institute. E’ Presidente e Amministratore Delegato di Duferco Italia Holding. Il gruppo Duferco ha un fatturato di oltre 40 miliardi di dollari, è presente con propri uffici e stabilimenti industriali in oltre 30 paesi nel mondo e occupa più di 2500 addetti. E’ Presidente della società di calcio Virtus Entella.