Lo storico segretario di Rifondazione comunista: “Criticare Netanyahu va bene, ma questo non può giustificare il jihadismo. Chi scende in piazza per il terrorismo non rappresenta la sinistra italiana, che non è mai stata antisemita”
di Luca Roberto*
“E’ vero che la politica di Netanyahu è stata largamente criticabile. Ma è anche vero che l’azione del governo israeliano non può giustificare alcuna forma di terrorismo. Perché il terrorismo persegue cause sue e ha una sua ideologia, che si sovrappone alle finalità che persegue. Per questo va sempre contrastato e condannato”. Le immagini di manifestanti che scendono in piazza per sostenere la causa di Hamas, dopo le stragi del 7 ottobre, hanno lasciato perplesso Fausto Bertinotti. “Perché a sinistra l’abbiamo capito da tempo, almeno dall’esperienza delle Brigate rosse in poi, che anche se si possono condividere alcune premesse, l’esito del terrorismo contraddice le condizioni di partenza. E’ per questo che la sinistra dovrebbe con forza evitare ogni forma di ambiguità”, dice l’ex segretario di Rifondazione comunista.
Che si spinge a un’analisi ulteriore: “Se degli studenti che studiano ad Harvard, ovvero nella cattedrale dove si forma la classe dirigente occidentale, inneggiano ad Hamas, evidentemente abbiamo un problema al nostro interno. Vuol dire che iniziamo a mostrare delle crepe, degli scricchiolii, come società”.
L’ex presidente della Camera martedì sera era al Teatro Argentina, a Roma, a vedere lo spettacolo messo in scesa da Marco Baliani sul rastrellamento del Ghetto di Roma di 80 anni fa. “E ho pensato: che bella la vicinanza, l’abbraccio emotivo alla comunità ebraica. Ecco, questo non può venire meno neanche se si esprimono delle critiche puntuali nei confronti del governo di Netanyahu. Anche se si pone l’accento sulla dimenticanza della questione palestinese”. Eppure, lo abbiamo visto nei licei e nelle università, gruppi radicali sono arrivati a giustificare gli attacchi di Hamas sulla popolazione civile. Un elemento, a giudizio di Bertinotti, incomprensibile. “Perché questi ragazzi che inneggiano al terrorismo non si rendono conto del quadro complessivo. E del fatto che Hamas e la Palestina non sono la stessa cosa. Oltre alla considerazione che, per fare un esempio, i governi italiani si sono sempre spesi molto per la causa palestinese, sono sempre stati aperti al dialogo. Io non sono d’accordo con la frase celebre attribuita a Giulio Andreotti, ‘Se fossi nato in Palestina probabilmente sarei un terrorista’. Da sempre abbiamo assecondato un processo di pace che purtroppo, a un certo punto, anche per il venir meno di soggetti laici come l’Olp, ha risentito di un processo di radicalizzazione. Che andrebbe analizzato sia all’interno che all’esterno”.
Secondo Bertinotti, per altro, l’estremizzazione delle posizioni da parte dei collettivi rossi mal si concilia con la storia della sinistra europea e soprattutto italiana. “Da quando faccio politica, le assicuro, l’antisemitismo non è mai appartenuto al Dna della sinistra italiana. Basti vedere il ceto dirigente del Partito comunista italiano: alcuni erano apertamente simpatizzanti di Israele”. Fatto sta che quello che manca è una grande azione a livello internazionale per eradicare ogni forma di terrorismo, compreso quello di natura islamista. “Il terrorismo può essere sconfitto dalle armi della politica. E abbiamo visto che nel corso del tempo siamo andati più vicini alla pace quando a occuparsene sono state le forze laiche. Andate perdute quelle, come l’Organizzazione per la liberazione della Palestina, lo scenario si è molto aggravato”. E il rinfocolarsi della situazione mediorientale rischia adesso di produrre delle ripercussioni a livello europeo, visto il risorgere di fenomeni di terrorismo interno nel continente che hanno convinto, per esempio, il governo italiano a ristabilire i controlli alla frontiera con la Slovenia. “Ci sono singoli casi, ma non credo sia vera l’equazione immigrazione uguale terrorismo. Più che altro l’Europa ha rinunciato da tempo a un ruolo guida a livello mondiale e nel Mediterraneo. Diciamo che l’Unione europea manca ancora di un’idea chiara di cos’è il mondo. E così subisce fenomeni che non riesce a controllare”.
(*Il Foglio)
Di più su questi argomenti: