Lettera aperta ad Anna Foa (e a Bergoglio per conoscenza)

di Giuseppe Crimaldi

Lettera aperta a Anna Foa
Gentile signora Foa,
leggo sull’Avvenire questa sua intervista che viene sintetizzata, nel sommario, con le seguenti parole: «Penso che questa sia una guerra di Israele contro il popolo palestinese e non solo contro Hamas». Lei, rispondendo alla prima domanda dell’intervista rilasciata al quotidiano dei vescovi italiani afferma poi che : «La parola “genocidio” è forte. Ed è un bene che il Papa l’abbia pronunciata, che esca dai tribunali e che sia possibile discuterne».
Cominciamo dalla parola genocidio. Cito, dall’Enciclopedia dell’Olocausto, la definizione: “Il termine “genocidio” non esisteva prima del 1944. Si tratta di un termine molto specifico, che indica crimini violenti commessi contro determinati gruppi di individui con l’intento di distruggerli”.

E allora veniamo ai diritti umani, così come vengono definiti nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite del 1948. Bene, mi segua nel ragionamento: tra questi ci sono fondamentalmente: il diritto alla vita, il diritto alla libertà individuale, il diritto all’autodeterminazione, il diritto a un giusto processo, il diritto ad un’esistenza dignitosa, il diritto alla libertà religiosa con il conseguente diritto a cambiare il proprio credo.
Fin qui ci siamo? Bene.
E allora ci spieghi quale sia il nesso di causa-effetto tra il diritto del popolo israeliano a difendersi e un genocidio. Fu forse genocidio quello degli Alleati che ci liberarono dal gioco nazifascista? Soltanto a Dresda, in Germania, in pochi giorni i bombardieri angloamericani provocarono l’uccisione di ciò che gli storici stimano tra i 20 e i 30mila civili; in quell’autunno del 1944 – sempre a Dresda – furono distrutte 24866 case del centro su un totale di 28410. Un’area di 15 chilometri quadrati fu rasa al suolo (includeva 14 000 case, 72 scuole, 22 ospedali, 19 chiese, 5 teatri, 50 edifici bancari e assicurativi, 31 magazzini, 31 alberghi, 62 edifici amministrativi, industrie, e altre costruzioni, tra cui il comando principale della Wehrmacht.

(Dresda distrutta dai bombardamenti angloamericani)

E sa cosa successe in Italia? Sa quali furono le città più martoriate dalle tonnellate di bombe sganciate dagli angloamericani? Napoli, Genova, Milano e Torino. Sì, proprio quella Torino che nel ’44 le ha dato i natali. Il bilancio di quei 5927 bombardamenti contò la morte di 38939 civili innocenti. I quali – aggiungerei – non detenevano in ostaggio altri poveri Cristi nei loro rifugi e scantinati.
Sì, signora Foa, quelle bombe sterminarono la popolazione civile, eppure mai nessuno osò parlare di genocidio da parte di Gran Bretagna e Stati Uniti: forse perché ogni guerra è una tragedia, ogni guerra è uno sterminio di incolpevoli, ogni guerra provoca (definizione che a me fa sempre e comunque venire la pelle d’oca) i cosiddetti “danni collaterali”.
E tuttavia se io, lei e chi ci legge oggi può dirsi libero e capace di affermare liberamente il proprio pensiero senza finire in un gulag, in uno stalag o in un campo di rieducazione maoista lo si deve a quelle tragedie. Motivate da una parola: liberazione.

(Rafael Lemkin)

E allora le chiedo: come può una persona intellettualmente dotata come lei, insinuare che lo Stato d’Israele oggi stia commettendo un genocidio? Facendolo lei offende – tanto per cominciare – Raphael Lemkin, l’avvocato ebreo polacco che cercò di descrivere le politiche naziste di sterminio sistematico che prevedevano anche la distruzione degli ebrei europei coniando il termine la parola “genocidio”. In secondo luogo mina il diritto all’autodifesa di un popolo e uno Stato che dopo il 7 ottobre è tornato nell’incubo più nero, quello dei pogrom e della “soluzione finale” (le dice qualcosa lo slogan che anche tanti studenti senza cultura e privi di ideali occidentali urlano quando oggi gridano: Palestina libera dal Giordano al mare?).
Ma – e soprattutto – lei ignora (o finge d’ignorare, come ha fatto il Papa in quell’infelice passaggio del suo ultimo libro) il fattore più determinante: il fattore “P”: cioè la liberazione del popolo palestinese dal giogo dei terroristi tagliagole di Hamas. Quando questa maledetta guerra sarà finita forse – e sottolineo forse – tanti come lei comprenderanno finalmente che non solo le centinaia di ragazzi, uomini e donne di Tsahal morti in guerra si sono sacrificati per alzare un muro d’acciaio contro il terrorismo (che minaccia anche l’Occidente intero); e finalmente si comprenderà che in tal modo saranno state poste le condizioni per ridare dignità ad un intero popolo sottomesso, ridotto in schiavitù, incapace di declinarli, quei diritti fondamentali dell’umanità. Liberare i palestinesi da Hamas significherà anche offrir loro un’altra carta, l’ennesima possibilità di riscatto e di rinascita.

Hamas è la negazione di quei diritti umani fondamentali dei quali io e lei, comodamente seduti in una morbida poltrona del nostro salotto, oggi diamo per scontati. Ma che i palestinesi non hanno ancora potuto conoscere, né conosceranno fin quando inneggeranno ad un nuovo sterminio degli ebrei.
Cordiali saluti,
Giuseppe Crimaldi
Post scriptum: le consiglio questa interessante lettura: https://www.italiaisraele.org/?p=2722

4 thoughts on “Lettera aperta ad Anna Foa (e a Bergoglio per conoscenza)

  1. Sarebbe bello che molti intellettuali così netti nel confondere le acque con l’abuso del termine “Genicidio” avessero anche qualche parola altrettanto netta ed empatia verso le decine di ostaggio a tutt’oggi torturati e incarcerati nei tunnel della morte di Hamas

  2. Caro Grimaldi, sono perfettamente d’accordo con la tua lettera. Ho incontrato recentemente la Foa a Milano che presentava il duo libro insieme a Marzano e de Monticelli che presentavano i loro: tutti e tre contro Israele. Non c’è niente da fare con questa gente! Qualunque argomento razionale e ragionevole è fuori dal loro orizzonte ideologico.

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