Ricordare è continuare a far vivere chi si è speso per il prossimo. E sul filo della memoria prosegue l’impegno dell’Associazione Italia-Israele di Cosenza, presieduta da Lucia De Fiore, per rendere omaggio a un Giusto tra le nazioni che pur mettendo a rischio la sua vita riuscì a salvare centinaia di ebrei negli anni più bui del nazifascismo e delle deportazioni.

Si è svolto nell’aula magna dell’Istituto “Lucrezia della Valle”, a Rota Greca di Cosenza,

l’incontro con gli studenti per raccontare la vita di Angelo De Fiore, “Giusto tra le Nazioni”, che fu per lungo tempo dirigente dell’Ufficio Stranieri della Questura di Roma, e in tale veste salvò la vita di centinaia di ebrei, strappandoli alla deportazione nazista e all’Olocausto. L’evento, rivolto agli allievi delle classi quinte superiori di tutti gli indirizzi, rientra in un percorso formativo di approfondimento storico, politico, sociale e morale, volto a consolidare il dovere del ricordo e della testimonianza di una moderna figura di eroe della Calabria. Dopo i saluti della dirigente dell’IIS Lucrezia della Valle, Rossana Perri, e gli interventi di Giuseppe De Monte, sindaco di Rota Greca, Antonio Faragalli, sindaco di Montalto Uffugo, hanno preso la parola il questore di Cosenza, Giuseppe Cannizzaro, e la professoressa Lucia De Fiore, presidente dell’Associazione “Angelo De Fiore, Giusto Tra le Nazioni”. Il dibattito è stato moderato dalla prof.ssa Maria Sergio, docente di Filosofia e Scienze Umane presso il “Della Valle”.

Angelo De Fiore Iniziò ad aiutare gli ebrei di cittadinanza non italiana che in conseguenza dell’approvazione delle leggi razziali avrebbero dovuto lasciare il Paese entro il 12 marzo 1939. Scoppiata la seconda guerra mondiale, collaborò segretamente con l’organizzazione della resistenza antinazista, manipolando le pratiche riguardanti ebrei e sospetti di attività antifascista, ostacolando l’attività della Gestapo da cui riceverà ripetuti richiami e venendo fatto oggetto anche di un’indagine che si risolverà senza alcuna conseguenza. Per salvare i tanti ebrei dalla deportazione, non esitò a predisporre loro documenti falsi, arrivando a prelevare cittadini ebrei dalle prigioni dove erano stati rinchiusi dai nazisti, facendoli passare per pericolosi ricercati per reati comuni o disertori dell’Esercito e in seguito liberandoli. Dopo l’attentato di via Rasella gli fu richiesto di predisporre un elenco di ebrei da colpire per rappresaglia; la sua risposta fu di “non avere alcun nome di ebreo da offrire” adducendo come causa il fatto che gli archivi dell’Ufficio si trovavano in stato di estremo disordine a causa di una sua negligenza. Anche se il suo comportamento era chiaramente ostruzionistico non ci furono conseguenze ed egli poté continuare la sua opera sin quasi all’arrivo degli Alleati, prima del quale si diede alla macchia, avendo però cura di distruggere anticipatamente, con l’aiuto dei suoi collaboratori, le pratiche di ebrei e militari sospetti ancora presenti negli archivi della Questura trasferiti in segreto negli scantinati.

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