di Giuseppe Crimaldi
Tale padre, tale figlio. Era segnato nei geni del DNA di famiglia il carattere sanguinario: Hafiz Assad era un dittatore che col terrore ha imposto la propria familiocrazia, e suo figlio Bashar ne ha sublimato l’eredita finché ha potuto, con gli stessi metodi liberticidi. Finché ha potuto: perché ciò che in queste ore sta accadendo in Siria non solo ricorda da vicino gli ultimi giorni di Muhammar Gheddafi, ma lascia intravedere scenari bui e imprevedibili per il Paese.
Poco fa gli analisti della Cnn hanno detto che il regime di Bashar cadrà in pochi giorni: «Probabilmente entro il prossimo fine settimana il regime di Assad avrà perso ogni parvenza di potere», ha sottolineato una delle fonti precisando che «l’unica cosa che potrebbe fermare l’avanzata dei ribelli sarebbe un colpo di Stato ben organizzato, anche se Assad ha fatto un buon lavoro nel soffocare ogni potenziale rivale». Chi di pugnale ferisce di pugnale perisce.
(Bashar Assad e suo padre Hafez)
La Siria oggi è un enorme cantiere di guerra e di interessi levantini fomentati da satrapi, chierici e sultani. La sorprendente avanzata dei ribelli in Siria degli ultimi giorni è l’ultimo sviluppo di una guerra civile cominciata nel 2011, che ha causato centinaia di migliaia di morti e milioni di sfollati. È una guerra i cui sviluppi restano al momento imprevedibili, se non per quella che appare come l’unica certezza: la fine della dinastia degli Assad.
Senza entrare nel merito di ciò che rappresentano i “ribelli”, che pur sempre restano trucidi combattenti che sgozzano sotto le insegna del Jihad islamico (guerra santa), ciò che in queste ore sembra maturare schiude comunque una complessità di scenari internazionali, con il tiro alla fune che vede da un lato Recep Tayyip Erdoğan, che rafforza rafforza l’influenza geopolitica della Turchia in Siria, e l’asse Mosca-Teheran, in evidente difficoltà di fronte all’avanzata delle milizie sunnite. Il presidente turco realizza così un doppio risultato anche perché allunga la sua sinistra ombra provocando nello stesso tempo il ritiro delle odiate forze curde siriane legate al Pkk. In questo risiko si potrebbe azzardare una valutazione: la crescente destabilizzazione potrebbe far sì che ai confini con Israele ci saranno nemici meno strutturati dell’Iran. E tuttavia non sarebbe per Israele una buona notizia sapere di avere oltre le colline del Golan i militari di Ankara.
(Una bimba, tra le vittime delle armi chimiche usate dall’esercito siriano contro la popolazione civile)
Diceva Mao: “Grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è ottimale”. I fatti scriveranno l’epilogo di questa nuova tragedia per il popolo siriano, sottomesso e umiliato dalla famiglia Assad. In questi anni i soldati di Assad e le milizie sciite si sono resi responsabili di massacri e feroci violenze contro la popolazione civile in aree controllate dai ribelli, per esempio usando la tattica dell’assedio e affamando la popolazione. L’esercito di Assad inoltre ha compiuto diversi attacchi chimici contro i civili (il più conosciuto, nell’agosto del 2013 alla periferia di Damasco, uccise più di mille persone) e ha incarcerato e torturato sistematicamente gli oppositori. In più gli aerei siriani e russi hanno bombardato intensamente obiettivi civili, tra cui cliniche e ospedali, in intere città o quartieri controllati dai ribelli, nel silenzio generale dell’Onu, dell’omino che ne è segretario, delle varie Albanese, Gruber e chi più ne ha più ne metta.
Un’ultima considerazione in un punto di domanda: dopo il fallimento delle “primavere arabe”, dopo l’uccisione di Gheddafi e l’impiccagione di Saddam Hussein, secondo voi la situazione in Medio Oriente è migliorata davvero?
Forse dovremmo meglio studiare la deriva islamista e il motivo per cui fa presa nella umma musulmana .