di Marco Del Monte

In questi ultimi giorni si è accentuato il ricatto morale di Hamas con un tira e molla disgustoso e foriero di guerra, sospesa per un periodo indefinito.
Prima viene minacciata l’interruzione della riconsegna degli ostaggi, poi viene offerta la riconsegna dei corpi di persone che sarebbero morte in cattività, ovviamente incolpando Israele che non ha mai interrotto le operazioni militari, affermando, quindi, che questi ostaggi sono morti sotto i bombardamenti.
Qui occorre aprire due parentesi, una storica l’altra moral-religiosa.
La prima impone una retrodatazione dell’occupazione “fenicia” della Striscia di Gaza al ventesimo secolo a.C. motivata dal fatto che Abramo, proveniente da Ur in Caldea (attuale Iraq del sud), si scontra con Avimelech, re dei filistei, all’incirca nel 1850 a.C. (diciannovesimo secolo).
I “predoni (falashtìn) provenienti dal mare” sconfiggono i popoli residenti in quella terra, insediandosi stabilmente fino ai giorni nostri.


Su questo aspetto torneremo, perché merita di essere considerato ed approfondito, mentre l’altro aspetto dà il senso di un’inconciliabilità foriera di eventi negativi, come è sotto i nostri occhi.
L’Islam e l’Ebraismo in merito alla morte e alla visione dell’aldilà sono agli antipodi: per l’Islam il corpo non ha nessuna importanza e la morte in battaglia conduce direttamente al Paradiso, mentre per l’Ebraismo la conservazione del corpo è fondamentale ai fini della resurrezione del corpo stesso che, perciò, non deve essere distrutto.
Il che significa che un corpo senza vita assume quasi la stessa valenza di una persona viva ed è per questo che Israele scambia un corpo con lo stesso numero di detenuti di una persona viva.


Ricordiamo che nelle varie intifade, c’era un’unità speciale che si occupava specificamente di rimettere insieme i brandelli dei corpi di morti in attentati suicidi, dove il corpo dell’attentatore era polverizzato.
Questa differenza assume, quindi, un’importanza difficilmente comprensibile per gli occidentali, che non percepiscono affatto la dolorosa scelta di Israele.
Hamas mercanteggia sui morti, ben consapevole della frattura morale che si viene a creare nello Stato di Israele. Ho avuto già modo di parlare del “cuneo romano” che veniva usato fisicamente per abbattere le mura dei nemici, tecnica che ora viene usata cinicamente sotto l’aspetto morale per abbattere la resilienza di Israele.
Il tutto avviene mentre la seconda fase dei negoziati non è ancora avviata.
Ma perché proprio ora si pone questo problema…? Perché l’Arabia Saudita in questo momento è al centro del mondo e nello stesso tempo, attraverso canali non ufficiali, ha fatto sapere che è disposta a riprendere il filo degli accordi di Abramo.
L’’Arabia Saudita, in queste ore, è sede dei primi colloqui tra Russia e Stati Uniti d’America dopo l’invasione dell’Ucraina, da parte della Russia.
Questo fatto, insieme alla probabile ripresa degli accordi di Abramo, riporta le lancette dell’orologio a prima del 7 ottobre.


La Russia è alleata dell’Iran e della Turchia, che fa parte della Nato, la quale ultima è in bilico per le posizioni di Trump in materia: cioè tutto lo scacchiere è in fermento e giocare d’azzardo sui sentimenti è la cosa più facile del mondo, per chi ha le spalle coperte da una fede che contempla la morte come miglioramento della vita.
Anche il Cristianesimo ha una visione dell’aldilà che prevede il Paradiso, ma il Cristianesimo non contempla il martirio volontario, al contrario dell’Islam.
Ora abbiamo la situazione un po’ più chiara: il Medio Oriente è tornato ad essere un punto cruciale per le relazioni internazionali, essendo un punto dove gli Imperi del momento stanno tornando a scontrarsi come nell’antichità, mentre la religione islamica, che ha sostituito tutte quelle pagane, cerca di imporre la sua visione del mondo sia presente che futuro.
È uno scontro senza condizioni, che si addice a chi è in grado di sostenerlo, per un verso o per l’altro, di proporre e di condurre lo scambio di cadaveri, come se niente fosse.
Né è lecito attendersi momenti migliori, data l’incompatibilità delle posizioni, che sono maturate nei secoli, come abbiamo più volte visto.

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