Lo strabismo delle Nazioni Unite: doppiogiochismo o doppiopesismo?

Le frizioni tra il governo israeliano e l’Onu sono forse giunte a un punto di non ritorno. Pochi giorni fa, su Internazionale.it, è stato pubblicato un interessante articolo firmato dal giornalista francese Pierre Haski, ex vicedirettore del periodico Libération. La sua voce merita di essere ascoltata da chi segue quanto sta accadendo in queste settimane nel Palazzo di vetro.

“I rapporti tra Israele e le Nazioni Unite – scrive Haski – non sono mai stati facili, tranne forse ai tempi della nascita dello stato ebraico e dell’approvazione del piano di partizione della Palestina del novembre 1947. Da allora le relazioni si sono progressivamente complicate. Negli ultimi giorni sono riemersi due temi di conflitto, che riguardano un rapporto sulle violenze sessuali commesse da Hamas il 7 ottobre e il ruolo dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi”.


Haski evidenzia poi come il rapporto, diffuso il 4 marzo e curato da un gruppo di lavoro guidato da Pramila Patten, inviata speciale dell’Onu per la violenza sessuale in guerra, avrebbe dovuto mettere a tacere le critiche. Il documento conferma parzialmente le accuse di Israele, sottolineando che ci sono “buone ragioni per credere”, questa la prudente formula adottata, “che il 7 ottobre siano state commesse violenze sessuali nei confronti di vittime israeliane. Inoltre, il rapporto ritiene che gli abusi possano “verificarsi ancora”, sottintendendo che le vittime sono gli ostaggi di sesso femminile.

Per Haski “la presa di posizione dell’Onu avrebbe dovuto mettere fine alle polemiche di chi nega che ci siano stati degli stupri.
Invece il governo israeliano accusa il segretario generale dell’Onu di aver voluto insabbiare il rapporto e ha perfino richiamato il suo ambasciatore alle Nazioni Unite. Israele denuncia un “innegabile” (lo scrive Haski) ritardo nella pubblicazione del rapporto. Guterres smentisce, ma a quanto pare non è sufficiente
Tutto questo, però, impallidisce davanti alla polemica sul ruolo dell’Unrwa. L’agenzia – creata nel 1948 per occuparsi dei rifugiati palestinesi a Gaza e in Cisgiordania, ma anche in Libano, in Siria e in Giordania – è il simbolo del riconoscimento di un “problema palestinese”, perché il suo statuto ne prevede lo scioglimento una volta che sia trovata una soluzione. Ma evidentemente siamo ancora lontani da un simile scenario.

Israele accusa l’Unrwa di avere legami con Hamas. In un primo momento lo stato ebraico ha sostenuto che dodici impiegati dell’agenzia (su un totale di migliaia di dipendenti) avrebbero partecipato all’attacco del 7 ottobre, mentre ora si parla di 450 persone. L’Unrwa, dal canto suo, sottolinea che Israele non ha presentato alcuna prova. Il direttore dell’organizzazione, lo svizzero Philippe Lazzarini, ha contrattaccato accusando Tel Aviv di aver torturato alcuni dipendenti dell’Unrwa. La spiegazione di questo scontro è duplice. Prima di tutto bisogna tenere presente che l’Unrwa è il vero amministratore nonché il principale datore di lavoro della Striscia di Gaza, con le sue operazioni di distribuzione di aiuti alimentari e la sua rete di scuole e ospedali. Israele vuole escludere l’organizzazione dal futuro governo di Gaza per controllare meglio il territorio.
La seconda spiegazione è più profonda ed è legata al fatto che le Nazioni Unite sono considerate da Israele un’organizzazione dominata dai paesi del sud del mondo e fondamentalmente ostile allo stato ebraico. In questo senso bisogna ammettere che aver permesso all’Iran di assumere la presidenza del forum sui diritti umani dell’Onu non ha certo favorito la credibilità dell’istituzione.

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