Una promessa è una promessa. Specialmente quando, a farla, è il Mossad. Il Wall Street Journal ha dato conto, in un recente articolo, dei piani del governo guidato da Benjamin Netanyahu per uccidere dopo la fine del conflitto a Gaza i membri di Hamas residenti all’estero.
L’ordine è stato già impartito.“Ho dato istruzioni al Mossad per colpire i capi di Hamas ovunque essi siano”, ha dichiarato in tv Netanyahu, rompendo il tradizionale riserbo su una pratica condotta da decenni dagli 007 dello Stato ebraico contro i suoi nemici. Per il Wall Street Journal che rilancia in queste ore i piani dei servizi segreti di Tel Aviv “non si tratta di se ma dove e come i leader israeliani colpiranno” i capi del movimento islamista che controlla la Striscia di Gaza. Dies certus an, incertus quando, dicevano i latini.
Una promessa è una promessa: stando alle notizie del quotidiano americano, l’operazione dell’intelligence israeliana è prevista alla fine della guerra in corso a Gaza e potrebbe richiedere anni per essere portata a termine. E così è stata creata un’unità speciale “ad hoc” denominata Nili, composta da uomini della Difesa e del Mossad e autorizzata a operare a livello internazionale per eliminare i capi del movimento palestinese. Il più ricercato è Yahya Sinwar, leader di Hamas nella Striscia di Gaza e ritenuto fra i principali responsabili dell’attacco dello scorso 7 ottobre. Dopo avere eliminato a Beirut il numero due dell’organizzazione terroristica, Saleh al-Arour, sotto a chi tocca: già, perché naturalmente la caccia è già cominciata. E proseguirà anche prima della fine delle ostilità belliche nella Striscia.
Nel mirino delle spie ci sarebbero i dirigenti politici e gli affiliati dell’organizzazione terroristica residenti in Libano, Turchia e Qatar, Paesi in cui Tel Aviv in passato ha evitato o ridotto al minimo l’esecuzione di omicidi mirati contro elementi ritenuti una minaccia alla sicurezza d’Israele per il timore di possibili crisi diplomatiche. A questo elenco si potrebbero aggiungere l’Iran e la Russia considerati altri “porti sicuri” per gli uomini di Hamas.
Alcuni funzionari di Tel Aviv – sostiene il Wall Street Journal – non avrebbero gradito la pubblicità offerta dal governo al progetto volto a neutralizzare i responsabili del massacro del 7 ottobre. Oltre al premier Netanyahu anche il ministro della Difesa Yoav Gallant ha indicato infatti che la lotta contro i militanti islamisti è “estesa a tutto il mondo” e diretta “sia contro i terroristi che si trovano a Gaza sia contro quelli che viaggiano a bordo di aerei costosi”. Un riferimento alla vita agiata condotta dai quadri di Hamas in alberghi lussuosi, in particolare in Qatar, oggetto di critica anche da parte di elementi interni all’organizzazione residenti nella Striscia.
Alcuni esponenti del governo Netanyahu avrebbero voluto agire sin da subito contro i membri di Hamas all’estero, specialmente dopo l’ondata di indignazione sollevata dai video in cui alcuni dei loro capi, tra cui Khaled Meshaal e Ismail Haniyeh, si sono congratulati con gli esecutori degli attacchi che hanno causato la morte di almeno 1.200 israeliani. Per il momento però avrebbe comunque prevalso una linea più prudente sulle tempistiche dell’operazione. Non è ancora chiaro se questi piani escludano la prospettiva ventilata negli scorsi giorni in colloqui con gli americani di espellere dalla Striscia i fedayn appartenenti ai ranghi inferiori di Hamas.
La campagna di assassinii mirati annunciata dal gabinetto di guerra si inserisce in una lunga tradizione portata avanti dall’intelligence dello Stato ebraico sin da prima della sua fondazione nel 1948. Secondo il giornalista Ronen Bergman autore del libro “Rise and kill first” già a partire dalla Seconda guerra mondiale combattenti ebrei, prima, ed Israele, poi, hanno condotto più di 2700 missioni letali. Tra le più famose l’operazione Ira di Dio lanciata dal Mossad per colpire i terroristi del gruppo Settembre nero coinvolti nell’uccisione degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972. Più problematica fu invece la realizzazione del piano autorizzato nel 1997 da Netanyahu, all’epoca al suo primo mandato, per eliminare in Giordania Meshaal, uno dei fondatori di Hamas, spruzzando una tossina nel suo orecchio. Si salvò perché gli agenti segreti furono arrestati dalla polizia di Amman e il governo israeliano per ottenere la loro liberazione dovette fornire l’antidoto per il veleno. Un “colpo di fortuna” che per Meshaal e i suoi uomini potrebbe non ripetersi.