A noi il nome dirà poco, e invece quello di Nasreen Yousef, drusa israeliana madre di quattro figli, deve essere conosciuto e ricordato come quello di una eroina che il 7 ottobre salvò molte vite umane dal pogrom palestinese di Hamas. Questa notizia di sicuro non la leggerete su nessun giornale italiano.
Nasreen è tornata agli onori delle cronache per una notizia che conferma quanto pericoloso sia ancora oggi il movimento terrorista che, seppur messo in un angolo dall’Esercito d’Israele, resta purtroppo ancora potente e insidioso. La notizia è questa: Nasreen non potrà accendere una delle torce nella cerimonia del Giorno dell’Indipendenza di Israele, il prossimo 14 maggio, per «le minacce ricevute insieme alla sua famiglia»: lo ha detto lei stessa in un’intervista alla tv “Canale 12”. La donna era stata scelta perché il 7 ottobre durante l’assalto di Hamas aveva contribuito ad impedire un bagno di sangue nel suo kibbutz visto che, parlando arabo, aveva convinto i miliziani di Hamas che avrebbe dato loro soldi e li avrebbe fatti scappare in cambio della desistenza a massacrare i civili presenti. Al tempo stesso aveva raccolto informazioni preziose trasmettendole all’Idf.
Nell’intervista Yousef ha rivendicato che «Israele è il nostro Paese e continueremo a proteggerlo indipendentemente dal fatto che accendiamo o meno una torcia». «Penso – ha aggiunto – che ci siano persone che se lo meritano più di me, e voglio proteggere me stessa e la mia famiglia». Quest’anno le torce del Giorno dell’Indipendenza saranno accese tutte da civili che si sono distinti nell’opera di soccorso e di salvataggio il 7 ottobre.
Con il suo coraggio e senso di altruismo Nasreen Yousef ha contribuito a prevenire un bagno di sangue nella sua comunità al confine meridionale di Gaza il 7 ottobre, usando il suo arabo nativo per convincere i terroristi a non realizzare un altro bagno di sangue. Lei e suo marito Eyad e i quattro figli vivono nel villaggio a maggioranza ebraica di Moshav Yated, a soli quattro chilometri dal confine israeliano con Gaza e dal confine con il Sinai egiziano. La casa di Yousef, la più vicina alla recinzione perimetrale di Moshav Yated, è stata la prima tappa dei terroristi di Hamas a cui era stato ordinato di attaccare la comunità nelle prime ore del 7 ottobre.
I terroristi che irruppero nella piccola comunità agricola erano tra le migliaia di agenti di Hamas che entrarono in Israele da Gaza quel giorno, uccidendo circa 1.200 persone in circostanze brutali, rapendone 253 e sparando e incendiando decine di villaggi e città al confine di Gaza. Durante l’attacco, Eyad Yousef si è unito alla squadra di sicurezza del Moshav, nonostante una gamba rotta ingessata, mentre Nasreen, 46 anni, e i bambini si sono nascosti nella loro stanza protetta a casa, insieme ai membri di una famiglia vicina. Ma quando Eyad e i suoi amici hanno sorpreso un terrorista che stava per entrare nel cortile della famiglia, Nasreen è uscita di casa per cercare di scoprire quanti altri uomini armati di Hamas stavano arrivando.
“Gli ho detto: ‘Guardami negli occhi, non ho paura di te'”, ha ricordato, aggiungendo che il giovane uomo armato aveva un’espressione sul viso che lei ha poi scoperto essere dovuta al fatto che era drogato. Nasreen è riuscita a convincere l’uomo armato che lei era dalla sua parte e che lo avrebbe aiutato a metterlo in salvo, ha detto al Times of Israel. A quel punto il terrorista le ha detto da dove era entrato nella recinzione perimetrale e ha rivelato che molti altri combattenti erano in arrivo o erano già all’interno del moshav. Alcuni erano in una serra vicina, altri in case mobili e una terza cellula si stava dirigendo verso un luogo commemorativo. Intorno alle 10, Eyad e altri membri della squadra di sicurezza del Moshav hanno trovato quattro agenti di Hamas nella serra e li hanno portati nel cortile degli Youssef. “Ero in infradito, correvo avanti e indietro con pezzi di spago e fascette per legarli, con asciugamani e stracci per il pavimento come cappucci. Non so da dove ho preso il coraggio, perché non mi sono fatta prendere dal panico. Mentre mio marito si vestiva quella mattina, disse che sarebbe stato un onore morire in uniforme, e non in una stanza blindata. Sapevo che se fossero venuti, ci avrebbero ucciso. Dovevo proteggere la mia casa. A un certo punto, tre ufficiali dell’IDF sono venuti e hanno chiesto se qualcuno parlasse arabo. E io sono riuscita a raccontare loro come erano entrati i terroristi, e poi il cellulare di uno dei terroristi ha squillato. Guardando lo schermo, ho letto il nome Elayesh scritto in arabo, e così ho risposto al telefono”.
(I terroristi catturati grazie a Nasreen)
L’uomo dall’altra parte le chiese chi fosse. Ha detto di aver risposto: “Mi chiamo Nasreen, sono araba, non hai nulla di cui aver paura, sto nascondendo i ragazzi. Ho un appartamento segreto”. Durante la conversazione durata più di venti minuti, Nasreen metteva l’uomo in attesa per tradurre all’ufficiale israeliano che le stava accanto; poi, fingendo di voler procurare cibo e acqua a sufficienza per gli uomini armati, ha chiesto quanti altri stavano arrivando e da dove. Ma a un certo punto l’uomo al telefono si è insospettito e ha chiesto di parlare con uno dei terroristi. Lei si avvicinò a quello che era stato fermato, dicendogli: “Ascolta, ti darò soldi, cibo, oro… ti metterò in uniforme e ti porterò fuori di nascosto, ma devi dire quello che ti dico di dire”. Nasreen ha poi ripreso il telefono e ha detto all’uomo dall’altra parte che l’IDF era ovunque, che non poteva tenere gli uomini al sicuro a lungo, e ha chiesto di nuovo come se la stavano cavando, spiegandogli di un’apertura nel recinto. Lui rispose: “Inshallah [se Allah lo vuole], stasera conquisteremo Israele”.
(Nasreen Youssef)
Nel frattempo suo marito Eyad e un vicino sorvegliavano cinque terroristi, compreso il primo entrato, da sabato mattina fino alle 15 circa., rimanendo di guardia, spostandosi di finestra in finestr alla ricerca di ulteriori infiltrati. Le mosse di Nasreen consentirono così a un’unità dell’esercito di Caracal di giungere sul posto la domenica mattina. Verso l’ora di pranzo le truppe riuscirono a catturare 15 terroristi nascosti in un frutteto della porta accanto: più o meno nello stesso momento, un elicottero dell’esercito avvistò una terza cellula, anch’essa di circa 15 uomini, uccidendoli. “Non ho mai voluto raccontare questa storia – conclude Nashreen – e non voglio che la gente mi chiami eroina. Ho semplicemente protetto la mia casa e la mia comunità.”
Le foto sono state pubblicate dal Times for Israel
I Giusti esistono veramente.
Che H protegga lei, la sua famiglia e Israele da questi barbari assassini di Hamas.
La forza di Israele sta nella coscienza dei suoi cittadini ( parafrasando Alcide De Gasperi)
Bravissima e con grande sangue freddo .e le siamo tutti grati per quanto ha fatto . I Drusi che vivono in Israele sono molto più integrati , il 40% è presente nell’ esercito e nelle forze di polizia .