O del malcelato senso dell’ironia francese
Facciamo subito una premessa: non comprendiamo la strumentalizzazione politica del fatto, non siamo bacchettoni, non gridiamo a scandali e abbiamo rispetto di tutte, ma proprio tutte le minoranze e le cosiddette “diversità”.
E tuttavia quella scena scivolata nel programma di apertura dei giochi olimpici – con le drag queen assise a un tavolo, volutamente provocatorio perché non poteva non richiamare l’Ultima Cena di Leonardo – non ci è piaciuta. Comodo, troppo comodo offendere la religione cattolica (quella costruita sull’amore e sul perdono) per strappare applausi o conquistare un dibattito bipartisan. E se, invece, gli autori di questa sceneggiata in salsa parigina avessero preso di mira Maometto? Se avessero osato sfruculiare il Corano o – peggio ancora – Allah? Che cosa sarebbe successo?
Ecco perché certa avanguardia da operetta sbandierata in nome della libertà d’opinione va condannata. Nessun dubbio sulla codardia di quel regista che ha immaginato una trasposizione in versione Lgbqt (e chi più ne ha più ne metta) di una delle immagini più sacre per i cristiani: avesse osato di mettere in scena una qualunque figura considerata sacra dai musulmani avrebbe fatto scoppiare un’altra ondata terroristica nella Francia multietnica, alla faccia di ogni liberté, fraternité e egualité.