Guterres, l’antisemita che si inchina a Putin

di Giuseppe Crimaldi

Se è vero che il lupo perde il pelo ma non il vizio, è altrettanto vero che per Guterres ogni occasione è buona per perdere quella giusta. Quest’omino con i capelli mesciati di biondo non solo non s’arrende all’incedere dell’età, ma anche a fare figuracce che però sui media che seguono l’imperativo del “politicamente corretto” vengono puntualmente ignorate.

Prendiamo quel che è successo una settimana fa, quando a noi – almeno a noi – ha fatto impressione vedere il segretario generale delle Nazioni Unite inchinarsi a salutare Vladimir Putin al vertice dei cosiddetti BRICS tenutosi a Kazan, in Russia. Canovaccio ribadito con il dittatore bielorusso Alexander Lukashenko, che Guterres ha calorosamente abbracciato. Episodi forse più estemporanei che coreografati, ma che restituiscono un’istantanea preoccupante della deriva del disordine globale.

Come qualche raro spirito libero ha sottolineato, nel corso degli anni i BRICS hanno avuto fortune alterne: il punto più alto forse durante il summit COP sul cambiamento climatico di Copenaghen nel 2009, quando i leader dei cinque paesi si riunirono in una stanzetta per bloccare l’accordo mentre Barack Obama aspettava fuori la porta impotente (altra plastica rappresentazione del cambiamento degli equilibri mondiali). Il decennio passato ha visto alcuni dei leader cambiare, la crisi finanziaria debilitare il potenziale del gruppo che sembrava destinato a quell’inerzia che accomuna tante organizzazioni internazionali. Gli ultimi anni hanno invece registrato una nuova vita. Questa si deve in parte all’incredibile ritorno di Lula in Brasile, uno dei padri (ig)nobili del gruppo, ma sicuramente il più carismatico. Più subdolo e strategico Putin che, con una politica delle alleanze mutuata dall’esperienza sovietica, ha utilizzato i BRICS per dimostrare platealmente all’Occidente che la Russia è tutt’altro che isolata in Ucraina.

Ma che cos’è oggi il BRICS? Un’accolita di Stati che intendono scalzare la supremazia mondiale (già abbastanza minata di suo) degli Stati Uniti quale “sceriffo del mondo”. Il reale obiettivo è tuttavia un altro: “de-dollarizzare” il potere economico della valuta che oggi regola tutti i traffici e le economie, il che metterebbe definitivamente nell’angolo gli americani.

E non c’è che dire, il BRICS raggruppa una gran macedonia si Stati e nazioni illiberali. Lo scorso anno il gruppo si è allargato ad Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati. La scorsa settimana a Kazan erano rappresentati 36 paesi. Ma parlare di alleanza è eufemistico. Quel che unisce questo gruppo disparato è molto meno di quanto li divide, dalle rivalità bilaterali ai grandi temi quali appunto il clima. È anche palese che – per dirla con Orwell – alcuni animali in questa fattoria siano più uguali degli altri, con la Cina che domina molti degli altri in rapporti di effettivo vassallaggio. È infine impossibile dedurre dai blandi comunicati quale sia l’effettiva visione del mondo che il gruppo intenda avanzare: basti ricordare a questo proposito il “partenariato senza limiti” tra Cina e Russia, firmato pochi giorni prima dell’invasione in Ucraina, che spendeva lunghi ed enfatici paragrafi sulla democrazia.

Ma torniamo all’omino portoghese mesciato. Vederlo prostrarsi davanti al macellaio di Mosca e al suo utile idiota alleato, il dittatore Lukashenko, a chi ha ancora a cuore la supremazia dei valori democratici, liberali, antifascisti e anticomunisti ex Urss ha fatto accapponare la pelle. Quell’abbraccio affettuoso di Guterres (mancava solo il bacio sulla bocca, ricordate l’iconica immagine di Breznev con Honecker?) grida vendetta davanti agli uomini e a Dio. Certo, Guterres è il pupazzo di un organismo sovranazionale schiavo dei regimi islamici, un organismo senza più alcuna autorità morale di parlare a nome dell’umanità; troppe e assurde le incongruenze, troppi i colpevoli silenzi che ne hanno minato la credibilità. Il Consiglio di Sicurezza con i cinque membri permanenti è un relitto postbellico bloccato da veti incrociati. Agenzie e consessi collegati al Palazzo di vetro, come il Consiglio dei diritti umani che senza batter ciglio lo scorso anno ha dato la presidenza all’Iran, sono sopraffatti da questo ecumenismo amorale fatto di compromessi e doppi standard.

Ebbene ci mancava solo questa per spedire – noi ci auguriamo per sempre – quel vegliardo mesciato e antisemita nell’inferno degli ingiusti. Ma, come pure è stato scritto, per un pubblico istintivamente cinico come il nostro il messaggio è chiaro: in questo mondo senza regole, siamo in minoranza.

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