di Davide Cavaliere*

La storia recente ha dimostrato, oltre ogni ragionevole dubbio, che ogni processo di
pace messo in atto per far cessare il conflitto arabo-israeliano sia stato prima
ostacolato e, infine, interrotto dai «palestinesi».
Non vi è mai stato, come ben si sa, un rifiuto pregiudiziale di Israele a concedere agli
arabi-palestinesi uno Stato indipendente. Col passare del tempo, però, è apparso
evidente che i «palestinesi» non combattono una guerra per la terra o per una qualche
«autonomia» nazionale, bensì una guerra ideologica, che si pone come fine ultimo lo
sterminio dei milioni di ebrei che vivono entro i confini dello Stato d’Israele.


Questo obiettivo, lampante in un’organizzazione jihadista come Hamas, appartiene
anche alle forze cosiddette «laiche» che controllano l’Autorità Palestinese, retta
dall’antisemita Mahmoud Abbas, formatosi presso l’Università Patrice Lumumba di
Mosca, centro di addestramento ideologico e militare dei guerriglieri di quello che
veniva chiamato «terzo mondo». Non bisognerebbe mai dimenticare che l’OLP ha due
bracci armati in piena attività: Tanzim Fatah e la Brigata dei Martiri di Al-Aqsa,
finanziate e dirette anche dall’Autorità Palestinese.
La rimozione – leggi «genocidio» – degli ebrei è sempre stata il solo e unico obiettivo
degli arabi-palestinesi, per questa ragione nessuna concessione territoriale potrà mai
placare il loro furore antisemita.

È in corso un crescente dibattito su come Israele dovrebbe rispondere alla condotta dei
«palestinesi». Innanzitutto, si dovrebbe prendere atto dell’impossibilità di creare uno
Stato palestinese indipendente. La controproducente quanto inutile «soluzione dei due
Stati» dev’essere gettata nella spazzatura della Storia.
Non solo perché i palestinesi non hanno mai avuto alcun diritto storico e legale a uno
Stato, dato che non esistono come popolo autoctono – anche se Israele, in cambio
della pace, si è dimostrato propenso a trascurare questo fatto – ma hanno perso
qualunque possibilità di ottenerne uno a causa del comportamento adottato negli
ultimi decenni, caratterizzato da una brutalità omicida e stragista con ben pochi
precedenti.


La truffa palestinese deve cessare. Basta fingere che esista una «popolo palestinese»
nativo e avente diritto a una qualche statualità. I palestinesi sono arabi, e gli arabi
hanno già 22 stati. Non ne otterranno un altro nelle terre che spettano, storicamente e
giuridicamente, a Israele. Qualsiasi arabo-palestinese che desideri godere di una
sovranità nazionale è libero di spostarsi in uno dei suddetti 22 Stati, ma non può
pretendere alcuna sovranità sul territorio israeliano, vale a dire nelle terre, tutte, tra il
fiume Giordano e il Mar Mediterraneo.

Lo Stato d’Israele deve risolvere la «questione palestinese» in modo unilaterale,
chiarendo che Gaza e la «Cisgiordania», ossia la Giudea e Samaria, gli appartengono
di diritto. Quest’ultimo punto dovrà essere ribadito costantemente: la Giudea e
Samaria fanno da sempre parte del «focolare nazionale ebraico» e non saranno cedute
né a uno Stato «palestinese» né alla Giordania (che ha rinunciato a qualsiasi pretesa di
sovranità sulla cosiddetta «Cisgiordania» quando firmò il trattato di pace con Israele);
proprio come Gaza non sarà mai lasciata all’Egitto, che, ricordiamolo, non volle
riprendersela quando firmò la pace con Israele nel 1979.
Gli arabi-palestinesi che vivono in Giudea e Samaria, oltreché in Gaza, in seguito a
una definitiva annessione da parte dello Stato d’Israele, non dovranno mai ricevere la
cittadinanza israeliana. Coloro che non desidereranno vivere sotto la sovranità
israeliana saranno liberi di andarsene. Anzi, Israele potrebbe, persino, prendere in
considerazione la possibilità di fornire sostegno finanziario e incentivi economici a
coloro che lo faranno.


Gli arabi palestinesi dovranno avere uno status giuridico simile a quello dei «meteci»
dell’antica Grecia: stranieri residenti privi dei diritti politici. Molti di loro hanno
ancora il passaporto e la cittadinanza della Giordania, dunque potranno essere
considerati giordani residenti all’estero. I villaggi e le città a maggioranza araba dove
si verificheranno atti di violenza, compresi i lanci di pietre, dovranno essere posti
sotto stretta sorveglianza militare, impedendo ai residenti la libera circolazione.
Diverso dovrà essere l’approccio verso quelle comunità che si dimostreranno pacifiche
e collaborative, che potranno godere di una limitata autonomia.
Solo adottando misure simili, Israele potrà garantire ai suoi cittadini sicurezza e pace.
Ulteriori concessioni, territoriali e politiche ai «palestinesi» o agli inefficienti Stati
arabi limitrofi, Egitto e Giordania in testa, che non forniscono alcune garanzia di
stabile controllo del territorio e della popolazione, non farebbero altro che perpetuare
il conflitto.

*Presidente Associazione Italia Israele di Cuneo

One thought on ““Due popoli e due Stati”: il grande bluff palestinese

  1. Due stati , inutile retorica. Di stato ne basta ed avanza uno. Gli arabi se vogliono diventare cittadini bene altrimenti andassero in giordania.

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