di Giuseppe Crimaldi

La necessità di immaginare un nuovo ordine mondiale e la speranza di porre fine alle guerre in Ucraina e a Gaza (ma ce ne sono molte altre, purtroppo dimenticate) ci ha risvegliati da un lungo sonno e ci pone davanti a scenari che fino alla fine del 2024 sarebbero apparsi come impossibile fantapolitica. Non sapevamo nulla di cosa fossero le “terre rare”, sognavamo libertà e indipendenza per il fiero popolo ucraino, conoscevamo ancora la differenza tra “aggredito” e “aggressore”, credevamo ancora – nonostante tutto – che la bolsa formula di “due popoli e due Stati” fosse la via maestra per rappacificare palestinesi e israeliani. Per tantissimi Israele era una nazione di apartheid, Hamas un salvifico “movimento di liberazione”, gli studenti ignoranti col pugno alzato al cielo e le kefyah che occupavano gli atenei degli “eroi”. E molto altro ancora.

Poi, una bella mattina, tutto è cambiato. L’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca ha stravolto come un uragano i paradigmi che sostenevano certi ragionamenti, e la loro prospettiva è cambiata: non so dire, ma se gli allibratori inglesi avessero accettato scommesse su questo stravolgimento, lo avrebbero bancato a 100.

Se a cena con amici, o parlando al lavoro con i colleghi, avessimo per esempio profetizzato una qualche collateralità all’Onu tra il voto di Israele e quello della Corea del Nord sull’Ucraina, avrebbero chiamato la neuro. Se uno qualunque, ma peggio mi sento a pensare, se un qualunque ministro degli Esteri, un diplomatico o un analista esperto di cose internazionali avesse prefigurato un futuro della Striscia di Gaza come la nuova Riviera del Medio Oriente; o che la Siria – passata dalle mani di un feroce despota a quelle di un tagliagole jihadista – avrebbe improvvisamente finito di essere la più grossa spina nel fianco d’Israele, queste profezie sarebbero state sommerse e bollate come fake news.

Invece la rapidità con la quale si sta disegnando il mondo che vuole Trump costringe oggi i leader mondiali a piroette e inversioni ad U clamorose. Non solo i capi di governo partecipano a questa comica muta, sia chiaro. C’è una “intellighenzia” bipartisan – a cominciare da quella dura e pura della sinistra europea, da sempre saccente e altezzosa – che è costretta ad un’ imbarazzata ma sodale, compatta retromarcia: contrordine compagni! Oggi tutti straparlano e forniscono nobilissime analisi su ciò che sarà questo nuovo ordine mondiale dando per scontate le visioni dell’amministrazione americana. E poco importa se fino a ieri Putin era un feroce aggressore, se la Russia era il nemico numero uno, se Israele era visto come uno Stato “occupante”. No. Oggi si sono imbarcati tutti sul vapore (sarebbe meglio dire sul carro) di Donald. E tanti lo stanno facendo senza nemmeno arrossire un po’. Anche i politici “riformisti” europei, in rotta su tutta la mappa continentale, visti i risultati elettorali recenti, sembrano essere stati folgorati sulla via di Washington: e taluni lo hanno fatto senza un briciolo di dignità o di amor proprio per loro stessi, e per i loro credo.

Tutto insomma sembra essere già passato in cavalleria. E noi che amiamo Israele – in tanti, a cominciare da chi scrive, senza nemmeno essere ebrei – oggi possiamo legittimamente meravigliarci del trasformismo di sapientoni, intellettuali, scienziati sempre pronti a fornire ricette salvifiche per il mondo. Noi ci sentiamo in diritto di criticarne la pochezza morale e intellettuale. Quanti Petrolini siamo costretti ad ascoltare oggi nei talk show, o a leggere in dottissimi editoriali sui giornali. Ma la coerenza, si sa, è uno di quei minerali preziosi: al pari di quei tesori custoditi nelle “Terre Rare”. A casa mia questo si chiama arrivismo, e forse anche cinismo. Intramontabile Niccolò: ogni fine giustifica sempre i mezzi. E, comunque, meglio tardi che mai.

4 thoughts on “Ora sono tutti “trumpiani”

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