di Marco Del Monte
Giorni fa stavo è apparso un articolo del Riformista che riportava una dichiarazione di Abu Mazen, fatta proprio mentre riprendevano i combattimenti.
La dichiarazione era questa: “Condanniamo il comportamento irresponsabile di Hamas”. È una goccia nel mare, ma potrebbe essere pure la goccia che fa traboccare il vaso; in effetti Abu Mazen dopo le elezioni del 2007, che ha consegnato Gaza e la Cisgiordania ad Hamas, ha perso circa tremila uomini trucidati in modo molto democratico da Hamas stesso.
Se vediamo la situazione attuale Abu Mazen ha avuto tutto da perdere, anche perché questo stato di cose ha rinforzato la destra israeliana e questo ha portato anche agli assalti a centri abitati della Cisgiordania e alla entrata in campo dell’esercito israeliano anche in quei luoghi.
Ho scritto un articolo alcuni giorni fa, il cui titolo era “il cuneo romano”, con il quale consigliavo a Israele di approfittare di ogni crepa che si fosse manifestata nel campo avverso e se questa affermazione di Abu Mazen avesse un seguito sarebbe il caso di approfittarne.
Andiamo, quindi, a vedere come mai questa crepa si intravede solo adesso.
Che a Gaza la situazione debba cambiare è indiscutibile, ma non con i tempi che chiede Hamas stesso; questa tempistica appare non definibile finché Hamas avrà in mano anche un solo ostaggio vivo o morto che sia; sono la loro arma migliore e ancora la brandiscono come una clava. Sapevano che avrebbero spaccato anche Israele e non si sono fatti alcuno scrupolo; tra le motivazioni non dette, pare che lo Shin Beth abbia avuto la certezza che si stessero preparando altri 7 ottobre molto meno scenografici, ma efficaci perché mirerebbero non ad uccidere al momento, ma a catturare nuovi ostaggi.
Hamas sarebbe stata colta di sorpresa, ma non per questo rinuncerà.
Il mondo comincerà a non avere più una cieca fiducia nei propal solo se, contro Hamas, si leveranno voci “arabe”, non bastando la realtà che vede la maggior parte dei paesi islamici disinteressarsi totalmente del totem “palestinese”.
Chi appoggia Hamas oltre gli stupidi propal…? Solo quelli che soffrono la tossicodipendenza dall’Iran; quindi Houty, Hamas, Hetzbollàh e jihad islamica, tutti gli altri tacciono, a parte l’ambiguo Qatar in grado di giocare su tutti i tavoli disponibili, anche quelli da ping pong.
Abu Mazen sa benissimo che deve la sua vita ad Israele che lo protegge, ma non può dirlo e pure la frase oggetto di questo articolo è microscopica, ma non va lasciata cadere; bisogna cercare di allargare il varco, mettendo da parte sentimenti e risentimenti.
Nessuno rinuncia volentieri a quello che ha, ma nemmeno può esibire come suo ciò che non ha; mi riferisco ancora una volta all’entità palestina della quale qualcuno prima o poi dovrà spiegare come è nata, come si regge e quali sarebbero i suoi improbabili confini; e come mai il termine di palestinese si è esteso da Gaza (dove è nato) alla Cisgiordania.
È noto che l’idea di inventare i palestinesi in Cisgiordania è venuta ad Arafat nel 1973, ma a quel tempo Gaza esisteva solo come tale ed era passata dall’essere controllata e amministrata dall’Egitto fino al 1967, dopodiché nel 1973, alla restituzione dei territori come il Sinai, l’Egitto non la rivolle e quindi rimase sotto la giurisdizione israeliana fino al 2005, ma a nessuno venne in mente di dichiararla “Palestina”: era Gaza e tale è rimasta.
Una vera sciagura per chiunque abbia avuto a che fare con i Gazawi e non sto ad elencare di nuovo gli Imperi che l’hanno volutamente evitata per non avere grane.
La questione è tra le più complesse al mondo, ma nessuno va alla radice; Erodoto, che amava descrivere i popoli che incontrava dalle usanze più minute, come il mangiare, il vestire, come trattavano gli stranieri, giunto a Gaza, la classificò come terra inospitale, non perché non avesse risorse, ma per la falsità dei suoi abitanti.
L’aneddoto storico è consolatorio, tuttavia era la prima fessura che bisognava utilizzare ma, si sa, il mondo ebraico più ortodosso con i greci non lega molto, anche se, invece, dobbiamo loro pure l’ebraico che parliamo. Ora speriamo che il sogno non svanisca con le prime luci dell’alba.