di Giuseppe Crimaldi
Mai come questa volta sarà un pugno in faccia. Prepariamoci a un 25 aprile carico di odio verso Israele, e chiediamoci come sia possibile che una giornata così importante per l’Italia debba trasformarsi in una camera di compensazione di livore, disprezzo e violenza verbale (e speriamo che non sia anche fattuale) persino nei confronti di chi sfilerà sotto le insegne della Brigata Ebraica.
Ha ancora senso festeggiare il 25 aprile? Come si può tollerare che la Giornata della Liberazione dal giogo nazifascista diventi l’occasione per sfilare con le bandiere palestinesi anziché quelle italiane? E che vengano bruciate quelle con la Stella di Davide? E che si arrivi all’aggressione anche fisica – com’è accaduto l’anno scorso a Milano e a Roma – di chi manifesta con questi colori?
La liberazione dell’Italia il 25 aprile 1945 è stata un evento complesso, frutto di una serie di fattori, tra cui l’azione delle forze armate alleate, l’eroica resistenza italiana e, la partecipazione di una variegata composizione di truppe ( persino australiane). Poi ci fu la Brigata Ebraica. La Brigata Ebraica, composta da volontari ebrei provenienti dalla Palestina mandataria britannica (il futuro Stato d’Israele) contribuì alla liberazione del territorio italiano, partecipando a battaglie cruciali, come la liberazione della Sicilia e il risalire la penisola. «Vi furono uomini liberi che sbarcarono nell’Italia occupata e versarono il loro sangue anche per la nostra libertà – ha ricordato nel 2017 il Presidente Sergio Mattarella – A questi caduti, provenienti da nazioni lontane, rivolgiamo un pensiero riconoscente. Il loro sangue è quello dei nostri fratelli. Tra questi non possiamo dimenticare i cinquemila volontari della Brigata Ebraica, italiani e non, giunti dalla Palestina per combattere con il loro vessillo in Toscana e in Emilia-Romagna». Parole importanti, quelle del Capo dello Stato, cadute nel nulla.
Di anno in anno – e attenzione: già ben prima che scoppiasse l’ultimo conflitto di Gaza – la presenza dei colori della Brigata Ebraica ha fatto salire la pressione ai soliti noti: a quel grumo di sigle che dai centri sociali alla galassia “antagonista”, passando per anarchici, pacifinti e persino attraverso qualche formazione politica. Insomma, qualunque parola, colore o riferimento a Israele ha scatenato una reazione assurda e violenta.
Insomma, per questo mondo di odiatori seriali c’è una parte di italiani che non ha diritto a celebrare il 25 aprile. E quest’anno, vedrete, le cose saranno più complicate che mai. Inutile spiegare il perché: il sacrificio degli ebrei che vennero a combattere (e a morire) per la nostra libertà non ha diritto di parola e di manifestazione. Gran bel concetto di democrazia.
Non abbiamo la sfera di cristallo, ma ci vuol poco – viste le premesse – a ipotizzare che questo 25 aprile si trasformerà in una giornata da bollino rosso per chi non sta dalla parte dei soliti noti. Anpi compresa, e qui il discorso sarebbe molto lungo e dovrebbe concentrarsi su una domanda: chi rappresenta oggi gli eroici partigiani che ci liberarono da Hitler e Mussolini? Ma il quesito di fondo resta, tristemente, un altro: se la data che celebra il sacrificio di tanti che diedero la vita per farci liberi diventa una giornata di odio, ha ancora sensoo scendere in strada?
Bisogna festeggiarlo e combattere contro le frange estremiste di sinistri