di Davide Cavaliere*

Bergoglio era la versione cattolica di Perón o del Subcomandante Marcos. Un uomo ostile ai portati della modernità liberale, a cui opponeva un cattolicesimo pauperista, indigenista, terzomondista, con il «pueblo» – per definizione puro e oppresso, innocente e diseredato – elevato a incarnazione terrena del Cristo. In questo era profondamente ispanico. Francesco ammirava la cristianità miracolistica e superstiziosa, festosa e comunitaria, dei popoli del Sud del mondo, che preferiva alle teologie e alle «luci d’inverno» dell’Europa. Questo lo distingueva da Benedetto XVI, il cui cristianesimo era una sorta di «illuminismo dell’antichità», autentica scaturigine del razionalismo occidentale.

Se Ratzinger intendeva «cristianizzare» – non a torto – la modernità; quest’ultima rimase sempre il principale bersaglio polemico di Bergoglio, con l’individualismo e l’intellettualismo come elementi «corruttori» della spontaneità della fede e dei popoli. Francesco era sì «antimoderno», ma non nella forma «reazionaria» e «codina» che ci aspetterebbe da un Papa, bensì in quella populista e bolivarista caratteristica della storia politica dell’America Latina. Così come il socialismo sudamericano nelle sue diverse declinazioni ha espresso una comunione di intenti con l’Islam, lo stesso è avvenuto con la Chiesa di Bergoglio.

L’Islam, che almeno dalla rivoluzione khomeinista del 1979 si presenta come religione degli oppressi, è stato corteggiato in qualità di «alleato» contro la modernità in nome di un ecumenismo dei «dei popoli» prima ancora che «delle religioni», declinato politicamente in un’avversione per la prosperità occidentale – da intaccare mediante l’immigrazione e l’ecologismo – e geopoliticamente come simpatia attiva nei confronti della Palestina e della Russia.

Per Francesco, come per una parte consistente del clero cattolico, i «palestinesi» sono ontologicamente delle vittime perché collocate in quel Sud globale da riscattare ed emancipare. All’interno di questo quadro teorico, Israele, Stato forte e potente, integrato nel sistema delle democrazie occidentali, non può che rappresentare un elemento negativo.

Questo pregiudizio anti-israeliano ha riattivato sincinesie antigiudaiche, facendo registrare il ritorno sulla scena degli ebrei «vendicativi» e «violenti» perché vendicativo e violento sarebbe il loro Dio. Da qui discendono le affermazioni sulla «crudeltà» e il «cattivo sangue» degli israeliani.

È inutile chiedersi se Bergoglio sia stato «progressista» o «conservatore». Si tratta di concetti europei che mal si attagliano a chi proviene da un altro continente. Papa Francesco – sebbene in un linguaggio evangelico – ha criticato la civiltà moderna nome di valori e idee che accomunano i pensatori «anti-liberali» tanto di destra quanto di sinistra. Una sorta di «peronismo cristiano», tratto precipuo del cattolicesimo argentino.

Bergoglio è stato il primo Papa post-europeo, che ha preso atto dello spostamento della fede cristiana nel Sud del mondo e fatto del superamento dell’Occidente un programma teopolitico.

*Presidente Associazione Italia-Israele di Cuneo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna all'inizio